LOGO-FRANCHE-WHITE2

Vendetta d’amore

Vendetta d’amore

 

Era una sera come tante, in una casa “bene” della provincia di Milano.
Alina aveva con sè la solita scheda Internet, con la quale chiamava Pavel. “Meno male che stasera la rete
non è satura e la voce arriva bene”, pensò Alina, sollevata, quando poté sentire la voce di Pavel. Il suo
interlocutore e ragazzo si trovava a San Pietroburgo per lavoro. Alina non era con lui a causa del visto; se
non sarebbe tornata in Italia entro il 6 settembre, data lì indicata, per lei sarebbero stati dolori; mentre
Pavel sarebbe tornato in Italia il 30.
Inutile dire che Alina ne fosse felice. Presto sarebbero stati insieme di nuovo, a Roma, dove Alina
avrebbe svolto uno stage di un mese presso il Parlamento Europeo.
Durante la conversazione, Alina raccontò a Pavel che un suo compagno di studi all’istituto Smol’ny
(americano e un tantinello più vecchio di lei) le aveva chiesto per prima di entrare nel suo gruppo di
studio. Ah, sì, e pure la seguiva dappertutto come un cagnolino.
“Evidentemente non aveva capito che noi due stiamo insieme!” disse Alina a Pavel, ridendo.
Quest’ ultimo le rispose:-E perchè avrebbe dovuto capirlo? Mi conosci, Alina, non vado in giro a
sbandierare i miei sentimenti!-
Fu come se Alina avesse ricevuto uno schiaffo in pieno viso. Strinse il telefonino così forte da farsi
diventare le nocche bianche.
Continuava a parlare con Pavel come un’automa, mentre nel petto il dolore le montava sordo. Alla fine
chiuse la conversazione, con grande sollievo. Gli tirò dietro tutte le parolacce in spagnolo che sapeva. “Ah
sì? Non doveva capirlo? Come quella volta a Pisa che non sapevi come presentarmi ai tuoi amici? Dopo
un anno e mezzo che stiamo assieme?” e giù, altri insulti . Alla fine le venne un’idea; si calmò.
“Uhmmm…..dov’è il numero di Dimitri?”
Dimitri era un amico di Pavel, che viveva a Roma; aveva contatti nel mondo del cinema e aveva messo su
una ditta di computer. Era stato lo stesso Pavel a presentarli, un anno prima. Dima era un suo ex
compagno di scuola, che si era sposato con un’italiana più vecchia di lui di dieci anni, Ramona.
Dima e Alina avevano chiacchierato come vecchi amici, fin dalla prima volta che si erano incontrati . Si
erano poi rivisti una seconda volta a Pisa in maggio e per salutarla, Dima era letteralmente volato nelle
braccia di Alina. Insieme a loro, c’erano Pavel e altri amici. Dima e Alina anche quella volta
chiacchierarono fitto fitto per tutta la sera. Poi Pavel non aveva più soldi nel telefonino e per chiamare
Alina (a suo parere, in bagno da troppo tempo) aveva usato quello di Dima…così Alina registrò il suo
numero.
Dima fisicamente era il tipo ideale di Alina: biondissimo, con gli occhi color fiordaliso, magro e
muscoloso. Sopratutto, nemmeno Alina gli dispiaceva.
Alina lo chiamò con la scusa di dirgli che ormai aveva trovato casa a Roma senza problemi; naturalmente
Dima la invitò ad incontrarlo, con Pavel.
Al telefono risero e scherzarono molto. Alla fine del colloquio, Alina pensò:-Pavel, ora ti sistemo io!
Vedrai a Roma!-
Sua madre, dona Alba, entrò in camera sua, avendola sentita bestemmiare come un marinaio. Alina aveva
ancora il viso bianco dall’ira. Dona Alba gliene chiese il motivo. Lodò la pazienza e il sangue freddo della
figlia; ci fosse stato al telefono suo marito e avesse osato dirle una cosa simile, avrebbe anche lei
ricoperto don Corrado di insulti, ma direttamente al telefono.
Suggerì inoltre di non farsi trovare nemmeno in stazione, quel giorno, a Roma. Ma Alina insistette,
adducendo il fatto che ormai aveva promesso e che non avrebbe fatto la figura dell’inaffidabile.
Dona Alba balbettò:-Come vuoi, Alina, ma per questa volta avresti avuto tutto il mio appoggio per
l’inaffidabilità. Ora dormi, la notte ti porterà consiglio.-
Facciamo un passo indietro e vediamo chi sono Alina e Pavel.
Alina Beatriz Redaelli Hurtado y Herrera era nata a Granada il 12 ottobre 1981, da madre spagnola e
padre italiano. Era bellissima; un po’ piccola di statura, ma con occhi e capelli neri e la pelle scura; aveva
un viso da Madonna del Murillo. Sotto questa apparente dolcezza, aveva ereditato dal padre (un
lombardo) il carattere inflessibile; dalla madre l’orgoglio e la passionalità spagnola. Figuratevi che
carattere aveva…
Da un anno amava Pavel, corrisposta, stando a quello che diceva lui.
Era nato a S.Pietroburgo nel 1971, aveva i capelli biondo scuro e gli occhi azzurri. Era stato campione di
judo e di scacchi.

Aveva però un grosso problema: aveva un figlio di quattro anni da una precedente relazione; l’ex moglie,
Immacolata, viveva a Brindisi col bambino.
Alina avrebbe anche sopportato questa situazione, se Pavel non avesse citato Brindisi a ogni piè sospinto.
Per questo motivo avevano litigato furiosamente diverse volte. Pavel si difendeva dicendo che Alina
vedeva sempre “quello che non c’era”.
Per esempio: lui raccontava con dovizia di particolari quello che la famiglia di Immacolata faceva o
diceva e Alina lo implorava di smetterla? Erano i nonni di suo figlio, che diamine!
Non sapeva esattamente dove fosse Immacolata e ne era preoccupato? Era pur sempre la madre di suo
figlio, no?
Conservava ancora tutti i suoi numeri di telefono, quelli ormai non più attivi compresi? Gli servivano,
punto e basta. Alina non doveva impicciarsi.
Alina aveva quindi deciso di non indagare più sul passato di Pavel, per due motivi: uno, perchè ogni volta
ne spuntava fuori una nuova; due, perchè ogni volta ci soffriva sempre di più.
Pavel poi non era abbastanza furbo da ricordarsi ciò che aveva detto, così ogni volta si contraddiceva;
questo fatto disturbava Alina non poco, avendo un’ottima memoria.
Per esempio: una volta Pavel, presente anche dona Alba, aveva raccontato ad Alina che Immacolata aveva
allattato il loro figlio Daniele per circa quattro mesi.
Un po’ di tempo dopo, a San Pietroburgo, aveva detto ad Alina che Immacolata aveva allattato Daniele
per un solo mese.
Capirete che Alina non ne poteva più di queste bugie e non gli credeva più quando Pavel le diceva di
amarla.
Così Alina e dona Alba partirono per Roma.
In treno discussero di Pavel. Dona Alba, dopo lo sfogo di quella sera, raccomandò ad Alina di non
perdere la pazienza, di non “tagliare” bruscamente. Le ricordò che ogniqualvolta lei si era trovata in
situazioni di bisogno vero e proprio, Pavel l’aveva aiutata.
Allo stesso tempo, non negava che sua figlia per quegli aiuti stava pagando un prezzo troppo alto.
Arrivarono a Roma, incontrarono Pavel e si diressero verso la casa di Alina. Non le piacque: era a
pianterreno, non arrivava la luce del sole e sarebbe stato alquanto rumoroso. La padrona di casa le
snocciolava tutte le celebrità che erano passate da lì. Alina pensava:-Sarà, ma Rupert Everett e le ragazze
di Miss Italia quando avranno visto un po’ di luce?-
Intanto che Alina si guardava intorno, studiava il comportamento di Pavel, per sapere se dare un taglio
netto oppure no. Non pensava minimamente che Pavel sarebbe andato a trovarla spesso, conoscendo la
sua spilorceria.
Ricordava il giugno precedente, quando si era trasferita nella casa al mare dei suoi genitori per
risparmiare, a poco più di un’ora di treno da Pisa.
Pavel trovava ogni scusa per rimanere a Pisa e farsi raggiungere da Alina. La più gettonata?Secondo lui 3
euro per il biglietto del treno, da spendere ogni giorno sarebbero stato troppi. A sentire questo, Alina andò
in bestia e agì per vie traverse: spostò la sede dei suoi studi del terzo anno all’estero. Non più a Nizza ma a
Lilla; così almeno avrebbero avuto una scusa migliore per non vedersi.
Ricordando questo, Alina pensava:-Figuriamoci se si sobbarca due-tre ore di treno per Roma!-
Ma contro ogni logica, Pavel passò a trovarla spessissimo. Ma…c’era un ma.
Lui faceva in modo di lasciare Roma sempre prestissimo la mattina, con la scusa del lavoro. D’accordo,
era un matematico, aveva bisogno di concentrarsi, ma aveva orari più flessibili di quelli di un comune
impiegato!Avrebbe potuto rimanere da Alina qualche ora in più!
Il giorno 30 settembre era un martedì; Alina gli aveva perdonato l’alzataccia, in quanto doveva essere
puntuale al lavoro.
Ma il week end seguente, di domenica, Pavel la fece alzare alle 6. Allora sì che Alina si irritò sul serio.
La sera prima avevano visto i tabelloni della stazione; ci sarebbe stato un treno esattamente due ore dopo.
Alina, con le dovute cautele glielo propose, ma lui le rispose:-Alina, non è che non voglio stare con te, ma
sono indietrissimo col lavoro. Quando arrivo vorrei trovare la mensa ancora aperta. Hai visto anche tu che
è molto economica e io sono spesso tirato coi soldi!-
Alina sapeva benissimo che con Pavel era inutile discutere. Ma ciò non le impedì di pensare:-Cosa ti
cambia due ore in più qui? Mi credi una bambina di tre anni, con la scusa della mensa? Va là, quando vuoi
i soldi ce li hai!- Gli mise il broncio, a ragione. Pavel se ne accorse e gliene chiese il motivo. Dato che

quando a Pavel si facevano notare queste scuse poco credibili si arrabbiava dando ad Alina della
paranoica, lei gli rispose che aveva mal di denti.
Aprì la bocca e Pavel constatò che il dente del giudizio le faceva davvero male. Era meglio andare a casa
a prendere un antidolorifico. Alina, con un sorriso falso, lo ringraziò:-Grazie Pavel, sei proprio carino!-
A casa, Alina si distese e prese il suo Aulin. Pavel dopo un po’ le disse:-Va meglio?-
Alina:-Sì Pavel. Stasera fa fresco, preferirei non uscire, il freddo non fa bene ai denti.-
Pavel insistè un altro po’ per portare Alina a mangiare fuori, ma aggiunse che non aveva molti soldi,
quindi Alina avrebbe dovuto sganciare. Non era un’eccezione. Altra cosa che mandava in bestia Alina:
Pavel piangeva sempre miseria, ma intanto riempiva suo figlio di giocattoli e videocassette.
Per ripicca gli rispose che neanche lei era ben fornita, quindi era meglio che stessero a casa.
Naturalmente anche i genitori di Alina sapevano di questa cosa e non faceva loro piacere. Va bene che
l’Italia e la Spagna erano paesi molto conservatori, ma tutte le volte che Alina era uscita con gli amici, sia
pure americani, svedesi o olandesi tutt’al più dividevano le spese. Dona Alba diverse volte aveva detto che
“su orgullo de hombre” era davvero sottozero, se Pavel si comportava così!
Quella volta che a S. Pietroburgo Alina aveva fatto notare a Pavel questa cosa, le aveva gridato dietro che
era una mocciosa viziata, con un computer al posto del cuore. Come poteva essere tanto meschina?
Sapeva benissimo che lui guadagnava poco; se voleva che le si pagasse tutto, che si fidanzasse con Felipe
di Spagna!
Quando lei aveva ribattuto che lui ai tempi quasi aveva mantenuto Immacolata, le rispose (stizzito) che ai
quei tempi S.Pietroburgo era molto meno cara e lui era anche direttore di una Borsa.
Alina fu costretta a mandare giù questo rospo, che non aveva ancora digerito.
Fu così che Pavel se ne tornò ai suoi importantissimi impegni a Pisa e Alina al suo lavoro al Parlamento.
Lavorava fino alle 7 di sera, saltando spesso le pause pranzo. Dimagrì tantissimo. Però le piaceva come
cambiava il suo corpo, nonostante le colleghe dicessero che stava scomparendo. Quando aveva un po’ di
tempo, se ne andava in giro per Roma, spendendo e spandendo.
Una sera, tornando a casa dall’Internet cafè vicino alla Fontana di Trevi, Alina si ricordò di Dima. Lo
chiamò e fu felicissimo. Combinarono per la domenica sera seguente, il giorno dopo il suo compleanno,
quando Pavel sarebbe andato a Brindisi da suo figlio. Finita la conversazione, Alina non sentiva rimorsi:-
In fondo non tolgo nulla a Pavel, è a Brindisi!-
Quel venerdì Pavel tornò a Roma, ma sarebbe dovuto partire alle 23.30 per Brindisi.
Con Alina sembrò andare tutto bene: passeggiarono per Roma, andarono ad una mostra sui surrealisti,
presero il gelato…
Finchè Pavel attaccò a parlare di suo figlio e di quella famiglia di pazzi che si ritrovava attorno. Alina
pregava che la smettesse. Per di più Pavel aggiunse:- Sì Alina, quest’estate volevo mandare un
telegramma per avvertirli che sarei andato da loro cinque giorni…-
Alina si girò di scatto e sbottò:-Come?-
Pavel:-Sì, cinque giorni. Che hai da fare quella faccia?-
Alina:-Io proprio non capisco. Punto primo: non venivi da me molto spesso perchè asserivi che tre euro al
giorno erano troppi… e volevi stare a Brindisi cinque giorni?Analizza bene: per raggiungere Brindisi e
tornare ci vogliono circa 100 euro, giusto? Mettici pure quattro notti in albergo…e poi dici di non avere
soldi! Punto secondo: dici sempre che quella famiglia ha problemi psicologici e volevi stare dietro a loro
cinque giorni?Visto che la tua matematica è così importante, come l’avresti messa?-
Pavel, con una voce che sembrava metallo:- Ascoltami bene Alina: Daniele è mio figlio!Se quelli non mi
avessero fatto impazzire cambiandomi le date in continuazione io altro che cinque giorni sarei stato lì!
Anche un anno! E’ mio figlio, la vuoi capire o no? Non farmi scegliere tra me e lui, avresti la peggio al
cento per cento! Quando fai così mi dai sui nervi! Specialmente con quel tuo sorrisetto sardonico!-
Alina non si scompose. Pensò:-Benissimo, ora tocca a me!-
Vide l’annuncio di una festa in una qualche discoteca di Roma. Alina, tranquillissima, aggiunse:-Chissà
che bella festa sarà!E’ proprio per domani!Peccato che Dima non possa accompagnarmi!-
Pavel, dal suo mondo:-Perchè proprio Dima?-
Alina:-Conosce Roma e tutti i suoi più bei locali! Domenica sera cominceremo a scoprirne qualcuno
insieme.-
Pavel, sbigottito:-Cosa?-
Alina, serafica:-Sì, con lui, che male c’è? Tanto tu non ci sei!-

Pavel, urlando:-Cosa ti è saltato in mente? Sei stata tu a lanciare il sasso, vero? Ma lo sai che in Russia
nessuna donna inviterebbe un uomo?-
Alina(dentro di sè ballando dalla gioia):-E non farla lunga! Ha ragione mia madre, sei un provincialotto
brindisino mascherato da russo! Io e Dima ci troveremo alle otto circa, ci facciamo una birra a Trastevere,
poi a mezzanotte mi riporta indietro, che male c’è?-
Pavel strinse le labbra.
In vista del suo appartamento, Pavel disse, come se stesse sputando fiele:-Lascia che lo chiami, il tuo caro
amico! Ce l’hai il numero, no?-
Alina, calmissima:-Fa’ pure!Io non ti nascondo nulla; il numero di Dima ce l’hai pure tu!-
Pavel chiamò Dima, che cascò dalle nuvole. “Oddio” pensò quest’ultimo “se gli dico che esco con Alina,
chissà quanti pasticci!”.
Dopo la conversazione, Pavel tornò da Alina, dicendole, con uno sguardo di pietra:-Molto interessante, il
tuo corteggiatore non sa nemmeno che sei a Roma!-
Alina, senza scomporsi :-Che vuoi, si sarà fatto due canne!-. Pensò:-Uno a zero per me!Adesso capisci
cosa vuol dire un’interferenza nella coppia?-
Mangiarono, uscirono a passeggiare un altro po’ e Pavel prese il treno per la sua Brindisi.
Tornando a casa, Alina notò alcune chiromanti a Piazza Navona, vicinissimo a casa sua. Si fermò da una,
la salutò in russo. La sua interlocutrice spalancò gli occhi e le chiese dove l’avesse imparato così bene.
Alina le rispose che glielo aveva insegnato il suo ragazzo; in merito voleva delucidazioni.
La chiromante le disse che al momento si sentiva alquanto confusa, ma che ci sarebbe stato un
cambiamento in amore. Aggiunse:-Cara mia, conosco i miei connazionali. Per quanto siano innamorati,
non tollerano troppe intrusioni. Se sarai più calma, anche lui lo sarà. Perdonami, ma dalle carte vedo che
sei parecchio birichina; ti diverti un mondo a stuzzicarlo!-
Finirono il consulto. Alina pagò e se ne andò a casa a dormire.
Il giorno dopo trascorse alquanto pigramente. Alina si lavò i capelli e dedicò tutto il giorno a farsi bella
per Dima. Finita la cura del corpo, rimase tutto il giorno a letto a leggere l’ultimo romanzo di Isabel
Allende e a sonnecchiare.
A dire il vero, non contava troppo sulla chiamata di Dima…ma chiamò. Si misero d’accordo per le otto.
Dopo le telefonò Pavel, aggiornandola sugli ultimi sviluppi della sua telenovela. Le disse che Immacolata
si trovava a Marsala per motivi di salute. Alina al telefono gli snocciolò le solite banalità, ma pensò:”Cosa
me ne frega di dov’è tua moglie?Come se io, dopo tre anni che l’ho piantato, conoscessi tutti gli
spostamenti e inciuci amorosi di Tomas, il venezuelano!Beh, sta’ a vedere che se è vero che operano tua
moglie a Brescia, almeno cominceresti a farti piacere il Nord, visto che finora l’hai sempre evitato come la
peste! Fa’ quello che vuoi, l’importante è che non ficchi il naso nei miei affari!E allora sarò io a darti del
paranoico!”
Alle 19.30 Alina uscì di casa. Era vestita da battaglia: maglietta scollata e stringata modello Moulin
Rouge, jeans a vita bassissima, cinturone modello Shakira, scarpe zeppate e…lenti a contatto azzurre.
Visto che a Pavel non piacevano, sarebbero piaciute a Dima. Sicuramente si sarebbe inteso un po’ più di
moda!
Arrivò di fronte alla libreria con un quarto d’ora di anticipo. Girellò attorno. In mezzo alla calca, non notò
Dima. Si sentì chiamare. Si girò. Era Dima, tutto vestito di nero. Le corse intorno, la salutò molto
calorosamente. Alina rispose con altrettanto calore coi tre baci di rappresentanza e con un “E’ morto il
gatto?”alludendo al suo look monocolore. Lui rise.
La fece salire in moto e se la portò a Trastevere, proponendole i locali strada facendo. Dima aveva i
gomiti attaccati alle ginocchia di Alina. “Di solito i gomiti si tengono sollevati…”pensò Alina. Ad un
tratto le disse:-Alina, attaccati meglio!Se voli giù sono affari miei!-
Alina:-Ok- e mise le sue mani intorno alla vita e si schiacciò contro la sua schiena.
Attraversarono il ponte, posteggiarono e cominciarono a curiosare per il quartiere, parlando del più e del
meno: i film di Gaidai (di cui Alina era una grande fan), i rispettivi lavori, la musica, i viaggi etc. Dima le
augurò buon compleanno.
Alina non sapeva dove guardare e Dima appena poteva appiccicava il suo braccio a quello di Alina e di
tanto in tanto lo appoggiava alla sua vita. Finalmente trovarono un Irish pub ed entrarono.
Tra una birra e un Baileys, Alina scoprì che a Dima sarebbe tanto piaciuto studiare lo spagnolo: lo trovava
così bello!Aveva pure tutti i dischi di Manu Chao, il cantante preferito di Alina. A Pavel non piaceva, in
quanto no-global ricco sfondato che pretendeva di essere amico dei poveri.

Alina tirò fuori il discorso delle TATU, che avevano fatto tanto scandalo, ricordando di aver sentito la
versione russa di “All the things she said” già nel dicembre del 2000 a Odessa. Il discorso cadde così su
quella città, sui passati amori di tutti e due che ancora vivevano lì, sul modo di riprendersi dalle
ubriacature.
Dima beveva litri di latte, mentre Alina ci dormiva sopra e beveva cerveza.
Stavano chiacchierando da un bel po’ quando Dima la trascinò sotto la lampada e disse:-Ma tu di che
colore hai gli occhi?-
Alina:-Scuri!-
Dima:-Caspita, le lenti blu ti stanno da Dio, sono così naturali!-
Alina, con un caldo sorriso:-Grazie!-
In quella, trillò il suo telefonino. Era Pavel, che chiamava da una pizzeria di Brindisi. Dopo i soliti
convenevoli, sparò:- Tu e Dima allora vi siete incontrati? Dove siete di bello?-
Alina, calma:- A Trastevere, in un locale molto carino. Ecco Dima, te lo passo.-
Dima e Pavel chiacchierarono per un bel po’; Dima si scusò con Pavel per avergli mentito, dicendogli che
non sapeva come avrebbe reagito a sapere che sarebbe uscito con la sua ragazza. Ripassò Pavel ad Alina.
Le augurò di divertirsi, stizzito. Alina gli rise in faccia, pensò:-Ora vedi come mi sento io a sapere che hai
attorno quella manica di psicopatici e che pure ci stai bene?E a sapere che alle undici passate te ne vai a
zonzo?Mo’ io faccio lo stesso!Come tuo suocero o chi per esso ti ha riaccompagnato in albergo stasera, lo
stesso farà Dima!-
Dima la riportò sulla Terra dicendole:-Accidenti, che gelosone è Pavel!-
Alina rispose:-Un uomo innamorato non è più tale, ma un radar!Lo stesso vale per le donne!-
Dima:-Vabbè Alina, paghiamo e andiamo a fare una passeggiata! Ti va Via Veneto?-
Alina:-Altrochè!-
Dima pagò. Fuori dalla birreria lui ed Alina continuarono a chiacchierare. Non lo seppe nemmeno Alina
come successe…aveva la mano di Dima nella sua. Sentì addosso una scarica elettrica e un caldo tropicale.
Anche Dima si stringeva ad Alina, sempre di più. Alina pregava che quel momento fosse eterno…non
sentiva più la terra sotto i piedi e aveva la testa immersa nella nebbia. Ma alla fine arrivarono alla moto.
Dima le diede il casco e partirono.
Per Alina quel viaggio verso Via Veneto fu come quello di una principessa delle fiabe. Si sentiva al
settimo cielo, non gliene importava più nulla di quello che combinava Pavel a Brindisi.
Intanto Dima approfittava di ogni semaforo rosso per accarezzare Alina.
Alina era felice anche per un motivo un po’ venale: Dima le aveva categoricamente vietato di mettere
mano al portafoglio, insistendo sul fatto che quella sera era sua ospite. Non era nè sua moglie nè la sua
fidanzata e nemmeno Dima era miliardario!
Altro che Pavel, che faceva pagare lei con la massima leggerezza!
Ma già, Dima non aveva nè ex mogli a cui pagare gli alimenti nè marmocchi da viziare!
Arrivati a Via Veneto, Dima le disse:-Avanti Alina, che fai incollata alla moto?-
Alina:-Ora scendo!-
Entrarono per mano all’Hard Rock Café. Come da copione, Dima ordinò una vodka, mentre Alina un
“Cuba libre”. Sullo schermo scorreva il video di Lenny Kravitz: “I want to get away, I want to fly away,
yeah, yeah, yeah….”
Infine, Dima chiese ad Alina come avesse conosciuto Pavel e lei glielo raccontò. Le domandò anche cosa
studiasse di preciso e il perchè di tutti quei viaggi. Alina rispose a tutto. Mentre parlava, Alina
pensava:”Evidentemente Pavel non gli ha raccontato granchè di me, mentre Dima avrebbe saputo perfino
dire quante volte al giorno vomitava Immacolata quand’era incinta!Dai sorrisini che Dima ha fatto quando
io ho accennato al passato di Pavel, vuol dire che la sa molto, ma molto lunga!-
Poi il discorso passò su: come marinavano la scuola, compagni, professori, etc. Stufatosi dell’Hard Rock
Cafè, Dima propose:-Alina, qui c’è troppa gente. Andiamo fuori che è meglio!Ti piacerà passeggiare per
Via Veneto, ne sono sicuro!-
Alina:- Volentieri!-
Dima pagò: 25 euro. Per Pavel sarebbe stata una somma astronomica, se spesa con Alina; normale se
investita in cianfrusaglie per suo figlio.
In quella squillò il telefono di Alina. Era ancora Pavel, che voleva sapere come stava andando la serata.
Alina disse che erano all’Hard Rock Cafè e altre banalità del genere. Inutile dire che a Pavel stava
montando il sangue alla testa. Le disse:-Ad ogni modo, ci vediamo domani a Termini, perchè ti devo

ridare l’ombrello. Se non ti vedo, pazienza, vuol dire che stanotte ti sei data proprio alla pazza
gioia!Buonanotte cara e fa’ che nè tu nè Dima siate troppo ubriachi per guidare!-
Alina mise giù. Dima rise:- Non molla, eh?-
Alla fine uscirono, sempre per mano. Dima strinse Alina ancora di più e la baciò, a lungo, lentamente,
come se avessero tutto il tempo del mondo.
Alina lo strinse ancora più forte. Oramai tutti e due avevano passato il Rubicone.
Passeggiarono ancora un po’ per Via Veneto, sempre abbracciati. Si guardarono: uno sguardo carico di
significato, che valeva di più di tanti bei discorsi.
Tornarono alla moto, in silenzio. Arrivarono al vicolo di Alina. Senza una parola Dima posteggiò e seguì
Alina dentro casa. Se la prese ancora tra le braccia, dicendole tra un bacio e l’altro:- Mio Dio, sai da
quanto me lo sognavo questo? Da quando ti ho rivisto a Pisa! Una cosa del genere non me la sarei mai
aspettato! Oh Alina, sei una dea, sei così bella! Alina, Alina…-
Continuarono ad abbracciarsi e baciarsi e in breve si ritrovarono sotto le coperte. Alina gli rispose:-
Questa è la migliore cura contro i farneticamenti di Pavel su Brindisi!-
Dima:-Ci pensavo fin dall’inizio: come fate voi due a stare assieme? Siete…opposti!-
Alina:-Non chiedermelo, nemmeno io lo so con chiarezza!-
Dima:-Di’ un po’ Alina, non sei “soshla s uma”?-
Alina:-Puoi dirlo forte!-
Dima:-Pure io…sei così dolce, morbida e calda!Ora ho capito perchè Pavel è geloso!-
Alina:-Guarda che lo sono pure io!-
Risero, continuarono. Si leccarono, baciarono, succhiarono fino allo sfinimento, addormentandosi come
bambini.
Alina disse a Dima:-Non sono minimamente pentita per quello che ho appena fatto!Se Pavel vuole
continuare a rintronarmi la testa con Brindisi, che faccia pure!Io farò altrettanto con te, su come sei
divertente e su come tu mi faccia sentire una regina!-
Dima:-E come non potrei? Starei tutto il giorno con te, a guardarti, a stringerti…Credevo che a ventun
anni fossi ancora una ragazzina a letto, invece sei una donna fatta e finita! In dieci anni di matrimonio non
ho mai fatto l’amore così, nè prima nè dopo!Perchè diavolo Pavel ti ha incontrata prima di me e abbiamo
così tanti anni di differenza?-
Risero ancora.
Purtroppo Dima le disse:-Piccola, devo proprio andare!- Ramona lo aspettava per le 12.30. Si
congedarono con un lunghissimo bacio e con un “Buonanotte Cenerentolo!” da parte di Alina.
Ancora non immaginavano dove li avrebbe portati quella semplice notte.
Il giorno dopo Alina si svegliò alle cinque. Pavel sarebbe arrivato a Termini alle sette e mezza, voleva
dire che Alina sarebbe dovuta uscire di casa un’ora prima. Mentre Alina si preparava, si domandava se
non avesse sognato. Ma no, l’odore di Dima era ancora lì, nel suo letto…
Spalancò le finestre ed uscì. Non avvertiva nulla: nè il freddo della mattinata autunnale, nè il profumo
delle brioches appena sfornate, nè il rumore delle scope sui marciapiedi…esisteva solo lei e il cerchio
magico dei suoi ricordi.
Ripercorreva la sua notte con Dima, una, dieci, cento, mille volte. Non si accorse quasi di essere arrivata
alla stazione. Aveva ancora un po’ di tempo. Si sedette a far colazione. Evidentemente questa felicità la
rendeva più bella, nonostante fosse struccata e vestita dimessamente; molti uomini non le toglievano gli
occhi di dosso.
Finì di mangiare, si sedette su una panchina. Estrasse il suo lettore CD dalla borsa e si mise ad ascoltare il
suo idolo, Manu Chao. Dima, Dima, Dima…il nome le danzava per il capo, incessantemente. Dopo un’ora
trascorsa a sognare ad occhi aperti, arrivò il treno di Pavel. Alina non lo vide proprio subito e pensò:-No
te preocupes, con calma!Vedo che non hai molta fretta di scendere da quel treno!-
Rimase là come un baccalà fin quando Pavel scese dal treno e gridò il suo nome più di una volta.
Alina si girò pigramente e altrettanto andò verso di lui. Lo abbracciò, ma fu come stringere un fantoccio
di pezza. Oh Dima, come vorrei ci fossi tu tra le mie braccia!
Pavel ricambiò l’abbraccio, la guardò e le disse:-Hai le occhiaie! Vedo che ieri sera ti sei data ai bagordi!-
Alina:-Ma che dici, alle undici e mezzo ero già a casa! Voglio vedere che faccia avresti tu, dopo un
Baileys, un Cuba Libre e una Guinness, tutto in quattro ore!-
Pavel:-Piantala di giustificarti, sei patetica!Tanto lo so che stai nascondendo qualcosa!-

Alina pensò:-Eccoti servito! Vedi come ti dà fastidio quando senti puzza di bruciato? Vedi che proprio una
visionaria non sono?-. Aggiunse:- Credi quello che vuoi; se non ti basta la mia versione, puoi sempre
chiamare Dima!-
Pavel:-No grazie! Miseria ladra! Guardati allo specchio, hai la faccia di una cagna in calore!-
Alina, con voce studiatamente dimessa:-Ma perchè mi insulti? Per qualche drink? Ti ho tolto qualcosa?
Tanto tu eri a Brindisi!-
Pavel:-Molto interessante ricordare il fatto che nemmeno Dima sapeva che tu fossi a Roma!-
Alina:-Riguardo a questo, mi pare che tu e Dima ne abbiate già ampiamente discusso ieri sera, no? Te l’ha
spiegato pure lui perchè ti ha risposto così venerdì sera!Forse ha paura di te, visto che sei così geloso!E’
comprensibile!-
Intanto che parlava, Alina pensava:-Adesso ci siamo scambiati le parti! Vedi come ti dà fastidio il fatto
che io ora ti stia infilando un sacco di frottole?Ti assicuro che non sono pentita nemmeno un po’ di quello
che ho fatto!-
Pavel continuava la filippica. Alina ritornò sulla Terra quando Pavel sbottò:-Sì, lo ammetto, mi ha dato
fastidio!-
Alina pensò:-Alla faccia che tu non avevi paura di nulla!Ma tu guarda, per una sveltina di una notte mi fai
il terzo grado, mentre riguardo a te, che con la brindisina ci hai fatto un figlio, devo stare zitta!Ma strilla
pure quanto vuoi, ora siamo pari!-
La poco gradevole conversazione finì lì.
Pavel fece colazione, Alina si sedette vicino a lui. Alla fine quest’ultimo si raddolcì e le chiese scusa.
Tornò a Pisa salutando Alina dal finestrino del treno, finchè non gli fece male il braccio.
Alina, con l’ombrello restituitole da Pavel, tornò a casa, si truccò e preparò per andare al lavoro. Sulla
strada pensò:- Due a zero per me!Ecco che ora ho fatto assaggiare a Pavel le sue scuse ridicole, avrà
capito come ci si sente quando la persona che ami fila qualcun altro!Ci è rimasto proprio male quando gli
ho rifilato delle bugie incredibili perfino per un bambino!Del resto, pure lui fa così!-
Per tutta la mattina Alina pensò a Dima. Perfino le sue colleghe la trovavano insolitamente tranquilla.
Passò così la giornata.
Pavel chiamò Alina alle 18.30 in punto, come pattuito, puntuale come un orologio svizzero. Alina pensò:-
Vedo che la stangata “Dima” ti ha fatto bene!Mi chiami puntualmente, non ti nascondi più dietro a scuse
ridicole!-
Chiacchierarono amabilmente, poi Alina andò a cena, guardò un film e alle dieci richiamò Pavel, come
erano d’accordo. Pavel le disse, sarcastico:-Stasera non ti fai scarrozzare per Via Veneto?-
Alina:-Pavel, certo che no!Stamattina mi sono alzata alle cinque, ho un sonno!Neanche Dima mi
trascinerebbe fuori!-
Pavel, ridendo:-Beh, dormi bene allora!-
Alina:-Grazie!-
Ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi:-Vedo che cominci ad avere paura sul serio, caro mio!-
Passò un altro giorno lavorativo. Alina seppe che domenica 20 ottobre si sarebbe dovuta fermare in
Parlamento per mandare il comunicato stampa relativo al risultato del referendum irlandese. Reagì male.
Gridò:-Non mi pagate, lavoro più di voi e volete pure che mi fermi la domenica! Colmo dei colmi!- E
sbattè la porta.
Ma dentro di sè pensava:-Que malasuerte, Dima mi aveva detto che sarebbe venuto da me domenica
pomeriggio!-
Rimase imbufalita tutto il giorno.
Uscì dal lavoro sputando imprecazioni spagnole. Verso le 18.30 il telefono squillò.- E’ Pavel- pensò.
Invece era Dima! Fortuna delle fortune, le disse che quella domenica sarebbe non avrebbe potuto andare a
trovarla, mentre giovedì sì. Alina era fuori di sè dalla gioia.
Quando il caso ti viene incontro….Le sembrò di volare. Non le importò nulla del fatto che Pavel l’avesse
chiamata con mezz’ora di ritardo, tirandole la solita frecciatina:-Stasera non esci ad ubriacarti?-
Alina pensò:-La pianti di rompere? Certo che ti ho insegnato proprio bene a mettere il dito nella
piaga!Vorrei vedere se io facessi un’affermazione del genere circa le tue gite a Brindisi!-
Due giorni dopo era il famoso giovedì. Alina si svegliò presto. La sua collega Marta le aveva suggerito
una singolare cura di bellezza: dopo la doccia strofinare sulla pelle bagnata delle manciate di sale per

ammorbidirla. Alina constatò che funzionava. Mai più avrebbe speso capitali dall’estetista per gli
scrub!Poi cominciò la sua solita toilette.
Quel giorno era proprio fortunato. Alle quattro aveva già finito, quindi potè eclissarsi tranquillamente.
Conoscendo il suo carattere, le sue colleghe avevano imparato a non scaricarle addosso troppo del loro
lavoro. Era infatti nota in tutto il Parlamento come “Pitbull”.
Al colmo della felicità, Alina annunciò a Dima che si era liberata e che si sarebbero potuti incontrare
prima, cosa che le avrebbe fatto piacere. Dima rispose che l’avrebbe incontrata verso le cinque in un
McDonald’s vicino a Piazza Navona.
Alina disse di sì, andò a casa, si cambiò e si diresse verso il luogo dell’appuntamento. Si guardò in
giro…lo vide. In men che non si dica, erano già sulla moto e cercavano una direzione per il vicolo di
Alina, tra sensi unici e divieti d’accesso. Lo stesso Dima imprecò contro l’impraticabilità di Roma.
Alla fine arrivarono.
Prima di cominciare, Dima tese ad Alina un pacchetto, che aprì. Era il CD delle TATU, che le piacevano
tanto! Lesse pure il bigliettino:”Alla “soshla s uma” più bella del mondo! Siamo “soshli s uma” insieme,
ricordatelo!”
Alina buttò a Dima le braccia al collo, Dima gliele mise intorno alla vita, e poi…si sa. Dopo la prima
tornata, riposandosi, Dima chiese ad Alina, rannicchiata tra le sue braccia:-Ma come l’ha presa Pavel?-
Alina:-Guarda, non ti dico…- e gli snocciolò tutte le frecciatine di Pavel. Gli rifece il verso:- Di cosa avete

parlato tu e Dima?E lui cosa ti ha risposto?etc-
Dima rise di cuore e replicò:-Carina, digli che io e te abbiamo cose ben più importanti da fare, che

blaterare su di lui!-
Risero. La passione li inghiottì di nuovo.
Dima si congedò da Alina intorno alle sette; alle otto aveva un appuntamento con un altro cliente della
sua ditta. Alina rimase a casa, guardò la porta chiudersi…in quella Pavel la chiamò, annunciandole che
sarebbe rimasto a Roma tutta la domenica seguente.
Alina pensò:-Hai sentito puzza di corna, eh? Ora che pure Dima entra nel mio letto, non inventi più scuse
ridicole per andartene presto da qui!-
Chiacchierarono come al solito; Pavel punzecchiò Alina, che lasciò (saggiamente) cadere l’argomento.
Non le piaceva litigare al telefono. Comunque Pavel le disse:-Beh, il tuo amico mi ha detto che ci
incontriamo tutti e tre sabato o domenica!Spero proprio di riuscire a combinare quell’affare con lui. Devo
dire che è proprio una persona molto poco seria!-
Alina pensò:-Non con me, però!-
Pavel arrivò il giorno dopo. Alina fece come se tutto fosse come prima. Pavel cercò di chiamare Dima per
combinare quell’affare con la sua ditta di computer.
Fece due o tre tentativi; trovò sempre il cellulare spento. Gli tirò dietro un sacco di improperi. -Che
cretino, sa che sono qui e tiene quel maledetto cellulare spento!Ma io dico, come si fa a ragionare con una
persona così?-
Alina alzò le spalle:-Dacci un taglio, non farti il sangue amaro!-Mise in tavola il pranzo e si sedettero. In
quella trillò il telefono. Era Dima. Lui e Pavel chiacchierarono in russo per venti minuti. Alla fine della
conversazione, Pavel disse:-Ti saluta Dima!- Alina, senza voltarsi:-Lo saluto pure io!-
Pavel:-Ha detto che ci troviamo tutti e tre domani, per pranzo!-
Alina replicò semplicemente:-Va bene.-
Il resto di quel venerdì trascorse bene. Alina trascorse la mattinata dopo contando le ore mancanti alla
telefonata di Dima. Sapeva bene che non avrebbero potuto stare soli nemmeno un secondo, ma in
quell’occasione sarebbero bastati gli sguardi di fuoco. Come quella volta a Pisa…mentre Pavel blaterava
tranquillamente di matematica con gli altri suoi amici, Dima disse ad Alina (e neanche a voce tanto bassa)
che gli piaceva molto la sua scollatura. Alina si era sentita bruciare.
Dima non richiamò, con grande disappunto di tutti e due. Pavel si irritò molto, Alina si dispiacque.
Quest’ultima sapeva che Dima aveva degli impegni con la famiglia di Ramona, ma sperava che trovasse
un po’ di tempo, mentre Pavel vedeva solo sfumare un’altra occasione di guadagno.
Ancora una volta tirò dietro a Dima un sacco di scurrilità. Ciliegina sulla torta, la frecciatina per Alina:-
Però con le belle ragazze è sempre puntuale, vero?-
Alina:-Uffa, quanto sei noioso! Te l’ha detto pure lui che con Ramona entro stasera doveva essere a Nepi,
no?-

Poi uscirono di nuovo. Erano alla scalinata di Piazza di Spagna quando cominciarono a parlare di
minoranze etniche. Alina seguiva il discorso distrattamente, pensando a Dima. Pavel, neanche le avesse
letto nel pensiero, le chiese:-Spero che tu e Dima non abbiate parlato di me!-
Alina:-Ma perchè dovremmo averlo fatto, scusa?Lo sai che non mi piace parlare alle spalle della gente,
dovresti conoscermi bene, no?-
Pavel:-Sai, una volta io e Dima eravamo seduto vicini in aereo e lui ha fatto una battuta molto poco felice
sulle mie origini polacche!-
Alina:-Ma capita a tutti di fare una battuta!-
Pavel:-Lo so Alina, ma il fatto che si indaghi troppo su chi sono e sui miei affari mi dà molto fastidio!-
Alina pensò:-Sapessi quanto ne dai tu a me, ficcando il naso nei miei affari con Dima!-
Il giorno dopo Pavel, durante una passeggiata con Alina, passò per Via Skandenberg, eroe albanese che
nel Medioevo era padrone di mezza Puglia; il che diede la stura all’ennesima conferenza su Brindisi.
Alina invocava tutti i santi per non mettersi a urlare.
Mentre Pavel chiacchierava insulsamente, Alina ritornava con la mente ai momenti con Dima. “La
migliore cura contro i suoi sproloqui sulla sua cara Brindisi! Ma guardalo, nemmeno si accorge che sta
parlando da solo!-
Ritornò bruscamente sulla Terra quando Pavel insultò Dima causa la sua poca serietà. Alina, visibilmente
irritata, pensò:- Anch’io avrei voluto incontrare Dima, giusto per spogliarmelo con gli occhi!- Ma disse:-
Che ci posso fare se Dima è poco o niente interessato ai tuoi affari?Per di più oggi aveva a Nepi la
comunione di una sua nipote!-
Pavel, fulminandola:-Ma all’appuntamento con te immagino fosse puntuale, no?Non è proprio cambiato
dai tempi della scuola!-
Alina, con finta ingenuità:-Perchè?-
Pavel:- Se credi di poterti fidare di lui, sei proprio una ragazzina!Anche se ora è sposato, sta’ tranquilla
che corre dietro anche alle altre e la sua prossima preda sarai tu!-
Alina:-Ma almeno un po’ di rispetto per te l’avrà o no? Ti ripeto che domenica scorsa la cosa non è andata
oltre i limiti del legale! Tu eri a Brindisi, io sono uscita con lui, che male c’è?Non ti ho tolto nulla, ti pare?
-Pensò:-Certo che mi hai insegnato proprio bene a mentire! In effetti non siamo andati oltre i limiti del
legale; io ho ventun anni, lui trentuno! Mica abbiamo fatto niente di strano: lo stesso che faccio con te
queste notti! Di lui mi fido ciecamente: non avrà alcun interesse a divulgare la conquista!-
Alle sei in punto, Alina varcò la soglia del Parlamento Europeo. Ottenne due vantaggi: non strangolare
Pavel e far alzare a livello esponenziale il suo indice di gradimento tra i colleghi. Lavorò alacremente e
scherzò perfino con loro.
Alina chiamò Dima il giorno dopo, quando Pavel se ne tornò a Pisa. Si misero d’accordo per martedì.
Finita la conversazione, Alina disse fra sè:-Esiste pure una metodologia delle corna! Basta sapere quando
telefonare, per evitare situazioni incresciose!- Dima stesso le aveva chiesto di chiamarlo sempre in
mattinata!
Trascorse un’altra giornata lavorativa.
Alina dovette riconoscere che i rapporti coi colleghi erano alquanto migliorati; questo le faceva molto
piacere. Anche loro avevano imparato come “prenderla” e alla sua rumorosità non facevano più caso.
Durante le pause Alina faceva sganasciare dalle risate sia Marta che Simone, lo stagista friulano alla
Commissione Europea.
Ma una volta fu quest’ultimo a far ridere le ragazze fino alle lacrime. Le stava aspettando nell’androne per
il pranzo. Il portinaio gli si avvicinò e chiese:-Aspetti le due ragazze, eh? Con quale delle due ci vuoi
provare?-
Simone:-A costruire la Grande Padania, con tutte e due!- Ironia della sorte, Simone quel giorno indossava
una camicia verde brillante!
Quando Simone raccontò loro di questo, risero tutti e tre fino alle lacrime.
Dima andò a trovare Alina il giorno dopo.
Le disse che finalmente era riuscito a tenere fede ai buoni propositi di Capodanno: iscriversi ad una
palestra. Ne aveva scelta una proprio vicino a Piazza Navona.
Scherzò con lei sulla sua pancia, non più così tonica come un tempo. Alina rispose:-Sta’ zitto, non ti puoi
proprio lamentare!-

Dima:-Magari avessi una pancetta come la tua, così piatta e liscia!- La strinse a sè e la baciò
sull’ombelico. Alina, con Dima tra le braccia, rispose:-Vuoi anche la mia cicatrice?-
Dima:-Guarda la mia!Me l’hanno fatta al militare!-La cicatrice in questione era vicina all’anca.
Alina:-Caspita, è proprio brutta! Dov’eri, in Siberia?-
Dima, ridendo:-Per fortuna no! Vicino a Mosca.-
Cominciò a raccontare aneddoti sulla vita militare e su come fosse terribile. Altro che gli smidollati
giovani italiani!
Risero di gusto, parlando anche del dilagare dell’omosessualità in Italia e Russia. Dima trovava il
fenomeno preoccupante sopratutto in Italia; bastava vedere il numero di maschi che ci aveva provato con
lui! Risero ancora di più.
Purtroppo, il momento di :-Piccola, devo proprio andare!- arrivò. Dima la baciò, le diede appuntamento
alla stessa ora il giorno dopo ed uscì.
Alina incontrava Dima tutti i giorni.
Bastava sapersi organizzare. Alina usciva dal lavoro alle sei in punto; Dima l’aspettava in moto al solito
fast food. Andavano da lei; dopo l’amore Dima si cambiava per la palestra.
A Dima Alina piaceva sempre di più. Dopo quello che Alina gli raccontava su Pavel, Dima era ancora più
dolce e presente. Ma tanta attività minò la sua salute, tant’è che dovette vedere un medico, per farsi dare
una pomata antinfiammatoria. Anche se aveva questo problema, andava lo stesso da Alina, giusto per
tenersela vicino.
Una volta gli capitò di essere presente quando Alina ricevette una telefonata da Pavel. Dima sentì anche
come Pavel insisteva per combinare quell’affare con lui, come lo accusava di leggerezza e di stare solo
attorno ad Alina. Dima diventò paonazzo. Finito di parlare, balbettò:-Alina…avevi proprio
ragione!Quando qualcuno è innamorato, è un radar!-
Alina:-Sono felice che ora mi creda!-
Dima:-Ok, affinchè smetta di romperti, domani lo chiamo io. Almeno la prossima volta che lo incontri, ti
lascia in pace!-
Alina:-Fallo al più presto, se no scoppio!-Inoltre gli riferì che Pavel l’aveva incaricata di comprare i
biglietti per il teatro per venerdì sera. A Dima venne un’idea:-La sera usciremo tutti e quattro assieme, ti
va?- Alina disse di sì, ma suggerì di telefonare a Pavel per incontrarsi anche in mattinata per quel famoso
affare; poi sarebbero entrati nell’ argomento “serata” e lì Dima avrebbe dovuto “buttare lì” per caso il tema
teatro, così Pavel avrebbe dovuto proporre di unirsi a loro, per non fare la figura del maleducato.
Dima aveva un po’ paura di questo piano; gli bruciava essere stato colto sul fatto, anche se Pavel non
aveva alcuna prova concreta della sua tresca con Alina. Ma sapere che Pavel aveva intuito qualcosa…Nè
lei nè lui volevano rinunciare a quel legame.
Da quando aveva Dima, Alina soffriva molto meno per le bugie di Pavel, in quanto aveva imparato a non
darci peso e a liquidarlo con una battuta salace. Smascherarlo era diventato un gioco divertente, come un
romanzo di Aleksandra Marinina. C’era anche un altro vantaggio: da quando Pavel aveva cominciato a
sentire puzza d’imbroglio mostrava di tenerci di più ad Alina: le telefonava più spesso, non menzionava
Brindisi più dello stretto necessario, quando era con Alina teneva il cellulare spento…
Alina constatava questo miglioramento. La chiromante aveva ragione!
Ogni giorno Alina diceva a Dima che se non ci fosse stato lui avrebbero dovuto inventarlo!
Giovedì sera tardissimo Pavel arrivò da Alina. Naturalmente era andata in stazione a prenderlo; il treno
aveva quaranta minuti di ritardo. Quando vide Pavel ringraziò Dio, in quanto i poliziotti la guardavano
molto male (vista l’ora tarda) e gli altri uomini con cupidigia.
Alina squadrò Pavel da capo a piedi; per valigia aveva un sacchetto del supermercato. -Proprio da
profugo!- pensò.
Dopo i soliti convenevoli, Pavel espresse il desiderio di un autobus o di un taxi. Dovette abbandonare
l’idea; alla stazione dei taxi c’era una fila pazzesca; i bus nemmeno si fermavano. Così dovettero andare a
piedi. Mentre passavano accanto alla Colonna Traiana, Alina chiuse gli occhi e ripensò alla gita in moto
con Dima, al suo profumo, al vento sulla faccia, le loro risate… Sentì una vampata di caldo; ma dovette
continuare a camminare, sorbendosi le elucubrazioni di Pavel sulla Cecenia.
Il giorno dopo Alina faticò non poco ad alzarsi, lo stesso valse per Pavel.
Ma come dice Gaidai nel suo film “Operazija I”, “Nado Fedja, nado!”. Così Alina fece alzare Pavel.
Mentre Alina era in bagno, Pavel rifece il letto e preparò il tè. Dopo toccò a Pavel fare la doccia, intanto

che Alina si vestiva.
Finito di fare colazione e di lavare i piatti uscirono.
Durante il tragitto fino al Parlamento, discussero sul problema dell’immigrazione. Ovviamente Pavel
affermava con veemenza che l’Europa era governata da un mucchio di fascisti che la stavano facendo
diventare una fortezza. Alina gli portò l’esempio dell’Australia, dove per entrare come semplice turista
dovevi dimostrare di non essere stato nell’anno precedente nè in Africa nè in America Latina, nè di avere
malattie strane. Se volevi proprio trasferirti lì, dovevi dimostrare di conoscere l’inglese e portare un
mucchio di soldi, oltre a dimostrare di essere perfettamente sano.
Stessa cosa per la Francia e l’Olanda: se entro un certo periodo di tempo non imparavi la lingua, potevano
rimandarti a casa. Alina aggiunse:-Immagino che il tuo amico Ruud non ti abbia raccontato di questa
nuova legge, nè che a maggio è andato su Pim Fortuyn, che è un fascista peggio di Berlusconi e di Aznar
messi assieme! Non credere che la Russia sia tanto meglio! Della sua burocrazia se ne lamentava tutto lo
Smol’ny!-
Dato che Pavel era stato beccato in castagna, tagliò corto dicendo che discutere non gli piaceva, con la
scusa che erano arrivati al Parlamento Europeo e Alina doveva entrare.
Alina pensò:-Sì, basta che ti si dia sempre ragione!-
Passò un’altra giornata lavorativa.
All’una Pavel passò a prenderla. Passarono dall’Aeroflot per prenotare il biglietto per Pavel, visto che
sarebbe dovuto partire per la Russia a novembre, a causa di un lavoro alla Gazprom. Alina cercò di
prenotare anche il suo per dicembre, ma già era tutto esaurito. Così passarono alla Lufthansa, dove
trovarono una soluzione. Pavel le raccomandò di provare con la KLM, la Malev, la Austrian Airlines.
Alina promise. Intanto che stavano andando a fare la spesa per il pranzo, Pavel imprecò un’altra volta
contro Dima, che anche quella mattina aveva dato forfait. Alina rise sotto i baffi.
Neanche il tempo di finire di ridacchiare che Dima li chiamò e disse di aver prenotato per loro e che li
aspettava tra mezz’ora in una trattoria dietro al Teatro di Marcello. Pavel mise giù e disse ad Alina:-Il tuo
spasimante ti fa un favore: non dovrai cucinare!-
Alina, di rimando:- E tu non dovrai lavare i piatti!-. Pensò:-Saremo lì alle due….un’ora di pranzo spagnola
in piena regola!-
Raggiunsero Dima. Si sedettero; i due uomini cominciarono a chiacchierare di affari e non prestavano
attenzione al menù, tant’è che ci misero una vita ad ordinare.
Alla fine optarono per: mozzarella di bufala, spaghetti all’amatriciana, saltimbocca alla romana, coda alla
vaccinara, carciofi alla giudia…Questi ultimi li aveva ordinati Dima, che si complimentò con Alina per la
scelta della coda alla vaccinara: più romano di così!
Per non destare sospetti, Alina e Dima si comportarono molto correttamente. Però quando Pavel sembrava
infervorato al massimo nella discussione d’affari, Dima allungava una mano sulle gambe di Alina.
Intanto che Pavel ciarlava, Alina pensava:-Altro che computer, Dima ora ha ben altro per la sua testolina!-
Continuarono a mangiare. Dima insistette per far provare ad Alina i carciofi alla giudia. Intanto che Alina
gli porgeva il piatto, Dima ne approfittò per mettere le mani sulle sue, sia pure per pochi secondi. Appena
poteva, spogliava Alina con gli occhi.
Quando Pavel si alzò per andare in bagno, Dima le disse:-Alina, sventata! Hai appeso la borsa dietro di te
e la tua sedia dà sulla strada!-La spostò vicino a quella di Pavel. Mentre era dietro di lei le passò il braccio
sul collo, la strinse leggermente e le disse in russo:- Scusami se ti ho un po’ sgridata, ma almeno avevo un
alibi per chinarmi verso di te!Così se c’è qualche cameriere o avventore impiccione…- Alina gli strizzò
l’occhio.
Pavel ritornò. Consumarono il dolce.
Mentre gironzolavano per il vecchio ghetto ebraico, Dima buttò lì il discorso del teatro, dicendo che sia a
lui che a Ramona avevano regalato i biglietti per lo spettacolo di prosa “La memoria perduta”. Pavel
sussultò:-Ma che bella combinazione!Unitevi a noi, siamo lì stasera!-
Si diedero appuntamento quella sera stessa di fronte a Santa Maria Maggiore.
La vanità di Alina almeno qualche volta era un fatto positivo. Si era sempre messa in ghingheri per uscire,
quindi Pavel non sospettò niente.
Uscirono. Alina si era conciata da ballerina spagnola da cartolina: orecchini grandi a cerchio, gonna nera
a balze, canottiera nera con sopra un cache coeur rosso ciliegia. I capelli erano raccolti con una molletta
con un enorme fiore finto rosso, e aveva una rosa rossa finta al collo.

Aveva un sacco di nero sugli occhi e di rosso lacca sulla bocca. Come giacca, un bolero nero ricamato,
strettissimo. A Dima piaceva così tanto la Spagna…
Anche su Pavel questo look fece effetto. Per tutta la strada non fece altro che ripeterle quanto fosse bella.
Alina sorrideva, nonostante avesse i piedi chiusi in un paio di strumenti di tortura alti dieci centimetri.
Alla fine incontrarono Ramona e Dima. Ramona fu subito incuriosita da Alina: le domandava con avidità
dell’Andalusia e del flamenco. Alina si sforzava di stare calma e sorridere, ma dentro aveva una gran
paura: un passo falso, una parola avventata sua o di Dima… Il cuore le batteva come un tamburo e non si
accorse nemmeno delle occhiate di fuoco di Dima. Anche per lui si trattava di un bel supplizio di
Tantalo…in testa gli scorrevano le immagini delle sue visite quotidiane, però quella sera era meglio
prestare attenzione ai discorsi di Pavel, tutti ahinoi molto lontani dai suoi veri pensieri.
Dima aveva le guance in fiamme e le gambe di burro.
Entrarono, presero posto. Alina era seduta tra Pavel e Dima. Cominciò lo spettacolo. Verteva su un
gruppo di profughi alle prese con la polizia. Ironia della sorte, una delle protagoniste si chiamava appunto
Alina. Lo scenario era tutto illuminato da luci blu. Dima sorrise alla “sua” Alina nell’oscurità. Le prese la
mano, la mise sulla pancia, poi la spinse giù, in una morsa d’acciaio. Alina sentì una scossa elettrica lungo
la schiena; aveva paura, si ritrasse. Guardò sia Pavel che Ramona; erano tutti e due intenti nello
spettacolo.
Dima però non demordeva e continuava a tenere la mano di Alina sotto la sua cintura. L’illuminazione blu
non lo raffreddava punto, anzi!
Per fortuna che quando accesero le luci per l’intervallo il braccio di Dima era “solo” sullo schienale di
Alina.
Si comportarono tutti normalmente: le solite domande sullo spettacolo, le analisi di Dima sulla regia, la
performance degli attori, l’illuminazione…e l’ennesima conferenza di Pavel circa il problema
dell’immigrazione. Dopo andò in bagno; le due donne presero qualcosa al bar. Dima era dietro di loro, un
po’ discosto: le sue pupille brillavano come fuoco azzurro, fisse su Alina. Ramona andò da lui e gli
domandò se per caso avesse la febbre: da tutta la sera era strano…Colto alla sprovvista, Dima rispose che
tutta la calca gli stava facendo venire mal di testa. Ramona premurosamente lo riaccompagnò al suo
posto, in platea ci sarebbe stata meno gente. Dima acconsentì. Guardò Alina per l’ultima volta, intenta a
sorbire un succo d’arancia rossa.
Pavel tornò da loro e si risedettero. Continuarono anche le coccole tra Dima e Alina. Lo spettacolo finì.
Tutti e tre riaccompagnarono Pavel in stazione, dovendo partire per Brindisi. Venne il turno di Alina, ma
verso casa sua. Dima nel salutarla aveva ancora negli occhi lo stesso fuoco azzurro.
Il giorno dopo Alina chiamò la sua padrona di casa, come aveva promesso. La signora in questione aveva
sì e no trent’anni e un sacco di cose da raccontare. Era ben inserita nel mercato immobiliare, aveva
conosciuto un sacco di gente famosa, viaggiato in lungo e in largo.
Lei ed Alina si incontrarono a casa sua, chiacchierarono piacevolmente e andarono a pranzo assieme; si
diedero appuntamento per la sera stessa. Dopodichè Alina andò a fare shopping; Dima la venne a trovare
un po’ più tardi, tra il lavoro e la palestra. Quando la vide, chiuse dietro di sè la porta e le disse:-Alina,
non sai quanto ho penato ieri! Eri lì, ma non ti potevo abbracciare nè baciare. Eri così bella, così vicina e
così lontana!Finalmente, siamo soli!-
La spinse sul letto e si rifece della notte prima. Le disse anche quant’era bello per lui averla
semplicemente stesa lì vicino. Passarono così tutto il tempo disponibile e anche di più; Dima dovette fare
la doccia a rotta di collo, uscire e partire alla velocità della luce.
Alina intanto si preparò per andare dalla sua padrona di casa, che sfortunatamente abitava dall’altra parte
della città, così si dovette arrabattare con i bus.
Ma arrivò. Alina la aiutò a preparare la cena, spettegolarono sui vip e sulle loro pene d’amore. Dopo cena
uscirono per i pub di Via Veneto e se ne andarono al Gilda. Tirarono mattina, ridendo come delle pazze
per tutto l’alcol ingurgitato.
Alina rientrò alle otto di mattina e si buttò a letto. Dormì talmente tanto che la svegliò la scampanellata di
Dima.
Alina gli disse:-Dima, non ti aspettavo così tardi!-
Dima:-Fa’ vedere l’orologio…hai sbagliato, hai tirato avanti le lancette! Da’ qua, sbadatella!- e le sistemò
l’orologio.
Dopo…si sa. Finito il primo round, Alina ringraziò Dima per aver finalmente discusso con Pavel il famoso
affare. Così l’aveva piantata di tormentarla con le sue frecciatine! Anche Dima fu felice per Alina;

cominciava a dispiacere anche a lui che Pavel l’avesse bersagliata a quel modo. Per tutta risposta la strinse
fino a quasi soffocarla, promettendole che non l’avrebbe mai ferita, mai, mai, parola d’onore…Pavel era
un’emerita carogna! Se parlarle di un’altra donna la faceva tanto soffrire, lui non l’avrebbe mai fatto;
giustamente, Ramona o qualsiasi altra doveva stare fuori; quei momenti di estasi erano solo per loro due,
Alina Beatriz Redaelli Hurtado y Herrera e Dimitri Sergeevich Dorotkin!Non ci sarebbe stato posto per i
problemi quotidiani, come la rassegna stampa non partita in tempo o un computer rottosi all’ultimo
momento!
Se durante o dopo l’amore Pavel parlava di queste cose, beh, era proprio uno stupido! Era così bello
semplicemente guardarla nella penombra, coi suoi occhi che scintillavano come ghiaccio nero!
A Dima inoltre Pavel faceva pena per un altro motivo: continuare ad arrovellarsi su dove e con chi fosse
la sua ex moglie, dopo tutto il male che gli aveva fatto! Davvero, Pavel era un idiota a non riconoscere
l’amore di Alina, così giovane e bella!E poi rintronarle la testa in continuazione con quello che
Immacolata faceva o diceva! Lui avrebbe messo la mano sul fuoco sul fatto che Pavel le fosse ancora
fedele fisicamente solo perchè Immacolata l’aveva sempre rifiutato, da dopo il divorzio! Se Alina ora era
a letto con lui, era Pavel ad essersela andata a cercare! Qualsiasi donna intelligente avrebbe fatto lo
stesso! Alina era una bellezza, chissà quanti altri uomini avrebbero voluto essere al suo posto!
Alina rispose a Dima:-Beh, per il momento ci sei tu!-
Risero tutti e due e ripresero. Dima salutò Alina, lasciandola sfinita. Come al solito, guardò la porta di
casa sua chiudersi. Si aspettò di sentire la sua moto sgommare. No. Sentì invece picchiare sulla sua
finestra. Alina aprì. Dima prese la sua mano e le disse:-A domani, piccolina!-
Dopo sì, Alina sentì la sua moto sgommare. Rise:-Piccolina, proprio!Sono alta uno e sessantacinque!-
Rimase nella penombra della sua camera sul letto sfatto, imbambolata. Ad un tratto si ricordò che sarebbe
andata un’altra volta a teatro coi suoi
colleghi, quindi si mise in ghingheri. Quando ebbe portato a termine questa operazione, prese dal suo
frigo un pacchetto di pancetta aperto. A Pavel piaceva parecchio, ma Alina la trovava grassa e calorica.
Decise di portarla ai gatti in Largo di Torre Argentina; almeno sfamava qualcuno!
Andò lì. Poi si recò in un bar vicino a lavarsi le mani tutte unte. Uscì da lì e incontrò Marta. La informò
che tra poco sarebbe arrivato Gianmarco, il suo ragazzo, a casa loro. L’appartamento di Alina, seppure
anch’esso composto da una camera da letto con angolo cottura e bagno era una reggia in confronto a
quello di Marta e Gianmarco. Per arrivarci dovevi arrampicarti su due rampe di scale ripidissime!
-Pensa Alina- le confidò Marta-il mio primo giorno qui a Roma!Ero stanchissima per il viaggio!Ho fatto
una fatica dell’accidente a trovare il vicolo e il numero del mio appartamento. Apro il portone…e cosa
vedo?Queste scale modello olandese!Sono scoppiata a piangere per la tensione repressa, finchè i muratori
non mi hanno issata con le valigie sul ponteggio per farmi entrare in casa!-
Intanto Alina si guardava attorno e pensava:-Un’atmosfera proprio bohémienne, non c’è che dire! Come
faranno a vivere in due in un buco simile fino a febbraio lo sanno solo loro!-
Mangiarono assieme. Mentre si raccontavano le loro disavventure immobiliari era arrivato Gianmarco.
Dopo la cena, si diressero tutti assieme verso il teatro.
Fu l’inizio di una mini odissea. Andarono al teatro di Largo Argentina, ma oltre a non esserci più biglietti,
lo spettacolo delle 19 era stato spostato per qualche ragione alle 17. Stessa cosa per il Teatro dell’Opera,
dove si erano recati poi. Erano là di fronte, a confrontare le burocrazie italiana, spagnola e francese
quando Simone li raggiunse.
Dopo lunghi conciliaboli, decisero di andare al cinema. Ne raggiunsero uno in Piazza Barberini, ma
nessuno dei film era di loro gradimento. Però presero un opuscolo con l’orario dei cinema. Decisero per
“Callas Forever”, ma il cinema si trovava in Via Bissolati. Ma arrivarono là troppo tardi, la sala era già
chiusa. Si sedettero là davanti e chiacchierarono sul da farsi. Decisero di prendersi una birra nelle
vicinanze di Piazza Navona.
Ci andarono a piedi, scherzando e ridendo, cantando pure a squarciagola “O mia bela madunina”, essendo
un bel gruppo di nordici (o quasi, ma questo valeva solo per Alina). Per cantare a Roma una cosa del
genere ci voleva un bel fegato! Per di più Simone attaccò coi canti alpini.
Fra canzoni del Nord e carrellate di gergo giovanile, arrivarono a Piazza Navona. Fu lì che Alina
cominciò a sentirsi male: aveva i brividi, le girava la testa e aveva le gambe gonfie. Alina sopportò
un’altra ora in piedi: c’era Woody Allen in qualità di clarinettista al Campidoglio, ripreso da un
maxischermo.

Finchè non ce la fece proprio più e si andò a sedere su una panchina. Lì telefonò a Pavel. Le disse di aver
incontrato Immacolata; insieme erano andati a far spese per Daniele; Pavel tra una cosa e l’altra in quei
negozi aveva lasciato circa duecento euro.
-Guarda Alina, è diventata talmente isterica e teatrale…è dimagrita molto, è malata sul serio…-
Alina ascoltava la geremiade distaccata, tornando con la mente al suo pomeriggio con Dima, come se gli
affari di Pavel e Immacolata non la riguardassero minimamente. Il nome di Dima risuonava in lei come
un mantra.
Alla fine salutò Pavel, dicendo che il giorno dopo l’avrebbe incontrato a Termini. Pavel, come se avesse
un presentimento:-Ci sarai, vero?-
Alina:-Certo, contaci.- E si augurarono la buonanotte.
Alina continuava a stare male. Inoltre aveva un urgente bisogno di andare in bagno. Marta ce la
accompagnò, in un bar là vicino. Alina ci stette un bel po’. Tornò da Marta e disse:-Sarà la stanchezza…a
casa ci dormirò sopra e sarò come nuova.- Seguì poi i suoi amici in un bar “storico” di Roma. Rimasero lì
un bel po’, chiacchierando e ridendo degli argomenti più disparati. Alina continuava a sentirsi poco bene;
per questo decise di prendere un cocktail analcolico agli agrumi; almeno la vitamina C l’avrebbe aiutata.
Dopo la bevuta, passarono in gelateria, dove Alina si prese un cono alla frutta. Simone la prese in giro,
essendo la sua passione per il cioccolato diventata una leggenda in tutto il Parlamento e la Commissione
Europea.
Alina ci rise sopra. Dopo il gelato ed aver avuto il fegato di cantare un’altra volta ancora “O mia bela
Madunina” in piazza Navona, la “Colonia padana” si salutò.
Alina fece una gran fatica a struccarsi e a mettersi a letto.
Nonostante avesse su un pigiama pesante e due piumini, tremava come una foglia. Dormiva a singhiozzo.
Venne l’ora di alzarsi per andare a prendere Pavel, ma non ce la fece. Le gambe non la sostenevano, aveva
sempre più freddo. Finalmente Pavel la chiamò, chiedendole dove fosse. Alina rispose con voce fiacca
che era a letto con la febbre. Pavel:-Oh, no! Mi dispiace! Che hai? Vomito? E…in bagno? Sta’ a letto
Alina, chiama aiuto!Riguardati col cibo!Richiamami poi!-
Alina avvertì le sue compagne di lavoro circa la sua malattia. Così stette a casa, chiamando Pavel per
dirgli come stava. Le raccomandava di dormire molto, bere acqua, sudare tanto. Alina fece queste tre cose
a meraviglia. Se riusciva a muoversi andava alla finestra e la socchiudeva, per far uscire un po’ di germi.
Era talmente rintronata dalla febbre da non riuscire nemmeno a chiamare Dima. Stava dormendo
profondamente quando sentì l’ormai familiare scampanellata. Andò ad aprirgli.
La casa di Alina gli sembrava così diversa!Di solito era illuminata da una luce bassa, così intrigante….ora
era nell’oscurità più totale. Alina, sempre tutta in ghingheri, aveva tutti i capelli attorcigliati e tremava di
freddo. Alina, che aveva un così buon odore di vaniglia, ora ne emanava uno penetrante di malattia.
Non ci badò. Posò il casco a terra, le si avvicinò e le chiese:-Che è successo?Ma…hai freddo, e scotti!Va’ a
letto, ora accendo la luce e vengo a farti un po’ di compagnia, povera Alina!- Si spogliò, si stese vicino a
lei, l’abbracciò. Com’era magra…uno scheletrino bruciante di febbre. -Alina, Alina…da quanto sei in
queste condizioni? Me lo potevi dire ieri, che non te la sentivi, mica ti costringo se non lo vuoi!- Alina
rispose, con voce fatta di solo fiato:- E’ successo ieri sera, improvvisamente! Dima, scusami, sia io che la
casa facciamo schifo! La febbre mi ha proprio buttata a terra!-
Dima:-Non dire così!Capiterebbe a chiunque!Vieni vicino a me, piccola!- e la strinse ancora più forte.
L’aveva guardata in faccia. Era pallida come una morta, con gli occhioni neri lucidi per la febbre. Era
bella anche così, aveva un’aria da eroina di Garcia Lorca. Nonostante la febbre e il sudore, Dima la riempì
di carezze e baci. Con la scusa di aiutarla a cambiarsi, le levò la camicia da notte zuppa, insieme alla
giacchetta di lana…
Alla fine le disse:- Dai Alina, almeno questo è un bel modo di sudare!-
Alina:- L’importante che non ti ammali pure tu!- Rimasero abbracciati un altro po’. Al momento di
andare, Dima le disse:- Alina, fammi sapere come stai per favore!Sei sicura che sia solo un’influenza?Stai
proprio male!-
Alina:-Sì Dima, è un’influenza, mi ha preso lo stomaco. Lo so, è brutto…ma mia madre sarà qui domani.-
Dima:-Ne sono felice, da un certo verso, così ti aiuta lei!Da un altro no perchè non potrò venirti a
trovare!Ma ti chiamo, ok? Ciao Alina, riguardati…mi fa male vederti così!-
Dona Alba arrivò il giorno dopo.
Quando vide sua figlia in quel modo, si dispiacque che avesse dovuto sopportare da sola la fase più cruda.
Nel frattempo ne lodò l’autonomia, essendo riuscita in quelle condizioni a fare tutto da sola. Dona Alba

andò a comprarle le medicine necessarie. Verso sera arrivò anche Marta, per informarsi della salute di
Alina.
La febbre era passata, ma il suo aspetto non lasciava dubbi. Era dimagrita ancora di più, aveva occhiaie
nere e profonde, era pallida e parlava a stento.
No, Alina in quelle condizioni non poteva proprio tornare al lavoro. Intanto dona Alba diede da sedere
anche a lei, offrendole il tè. Marta raccontò ad Alina che al lavoro era arrivata la nuova stagista, che non
era nè sveglia nè precisa quanto lei. Ormai anche la tranquilla Marta avrebbe rimpianto la solarità di
Alina!
Le suggerì inoltre di telefonare il giorno dopo in ufficio, per sapere come fare per l’assicurazione, i giorni
di malattia etc. Alina replicò che l’avrebbe fatto.
Il giorno dopo dona Alba decise di andare nell’ufficio di Alina. Le fu detto che per sua figlia non ci
sarebbero stati problemi; aveva spessissimo lavorato oltre l’orario, quindi le ore complessive tornavano
perfettamente. Il capo di Alina le fece gli auguri di pronta guarigione. Anzi, se fosse capitata a Roma, di
andarli a trovare.
Dona Alba notò che Alina aveva lavorato per un mese in un ufficio pieno di sbalzi di temperatura; se quel
pomeriggio Alina ci fosse tornata, un ricaduta coi fiocchi non gliela levava nessuno!Pensò inoltre:-
Almeno le hanno riconosciuto il fatto che ha lavorato tanto!-
Andò poi alla stazione Termini, per sapere se quel pomeriggio ci fossero stati treni. Fu fortunata, perchè
trovò due posti per le 14.30.
Raggiunse Alina, le diede questa notizia; fecero i bagagli in fretta e furia. Partirono.
Alina stette abbastanza bene, a parte tante visite in bagno. Arrivarono a casa loro a sera inoltrata. Appena
a casa, Alina sentì il bisogno di farsi un bagno; intanto che la vasca si riempiva, disfò i suoi bagagli.
Dopodichè si rimise a letto e chiamò Pavel. Si misero d’accordo per incontrarsi il sabato seguente alla
dacia dei genitori di Alina. Finì la conversazione. Alina però ripensava all’ultima telefonata di Dima, che
le augurava di rimettersi. Aggiunse:-Alina, mi spiace che tu stia tornando a Milano, stavo così bene con
te!Per favore, te lo chiedo per favore, chiama qualche volta. Hai un indirizzo e-mail? –

Alina:-Sì, certo-
Dima:-Allora dammelo!-

Alina glielo diede, poi scrisse quello di Dima, che le disse:- Alina, fammi sapere dove sei. Se Pavel viene
a Roma, accodati a lui, mi farà molto piacere. Alina mia, sei stata stupenda, credi a me!-
Alina rise.- Grazie caro, farà piacere anche a me rivederti!-
Dima:-Ciao Alina. Rimettiti bene, mi raccomando.-
Alina:-Lo farò. Mi mancherai-. Si addormentò.
A casa Alina potè di nuovo dedicarsi a sè stessa: l’estetista, dilungarsi nella scelta di una crema in
profumeria o in quella di un vestito…tutte cose che a Roma le erano mancate.
Anche Dima le mancava molto; era da lei tutti i giorni, con lui poteva scherzare e dimenticare i suoi
tormenti. Voleva scrivergli, ma non subito, per non dargli l’impressione di stargli addosso.
Anche a Dima mancava Alina. Ora andava in palestra senza più fermarsi a Piazza Navona; tutt’al più
buttava uno sguardo verso il suo appartamento, illudendosi di spostare indietro l’orologio, di fermare la
moto, scendere…no, no, la nostalgia era troppo forte. Chissà come se la sarebbe cavata Alina ai fornelli e
come sarebbe stato essere al posto di Pavel…Neanche lui lo sapeva, ma Alina gli era entrata nel sangue.
Le aveva detto che se si fosse trasferita a Roma per il master, lui ne sarebbe stato felice. Non avrebbe
visto Alina per un anno intero, poco ma sicuro! Visto che da gennaio a ottobre dell’anno prossimo Alina
avrebbe fatto la spola tra la Svizzera e la Francia…ma c’era sempre la speranza che per le vacanze tornasse
in Italia, no? Ma già, i suoi genitori abitavano a Milano!
Meglio non pensarci…
Intanto che Dima si struggeva, Alina aveva incontrato Pavel in Liguria, alla dacia dei suoi genitori.
Quest’ultimo raccontò ad Alina che il week end prima un suo amico pescarese che viveva a Roma si era
sposato; peccato non averlo invitato, anzichè sprecare tempo con Dima!Ovviamente calcò la voce su
quest’ultima parte. Alina non si scompose.
Pavel aggiunse:- Davvero Alina, si sarebbe potuto invitarlo da te!-
Alina:-Buonanotte!Dove lo facevamo mangiare lui e la sua signora?Hai visto che tavolino piccolo avevo?

Pavel:-Vedo che quando non puoi civettare diventi nervosa….-

Alina:-Uffa! Ma prova a pensare alla piccolezza di quel tavolino! Se si invitano ospiti, devono essere
comodi a mangiare, altrimenti sai che pasticci! Qualcuno rovescerebbe qualcosa!-
Pavel alzò gli occhi al cielo. Alina nascose la risatina con la manica. Pensò:-Sarebbe stato proprio carino
prendere anche Dima per la gola, tavolino piccolo o no!-
A cena dona Alba disse ad Alina che lunedì sarebbe arrivata da loro la cugina Vanessa, di un anno più
giovane di Alina. Sbottò:-Avresti dovuto dirmelo prima!-
Dona Alba:-Ma come, non ti fa piacere?-
Alina:-Sì, ma me l’hai detto così, a bruciapelo!-
Alba:-Sai, tra i tuoi malanni e tutte le cose che ho da fare, mi è proprio andato via di mente! Sta qui dieci
giorni!-
Alina:-Va bene.-
Tornarono a Milano, il giorno dopo arrivò Vanessa. Sembrava molto meno spagnola di Alina. Era ancora
più magra e alta, coi capelli e gli occhi nocciola chiaro; appena poteva si tingeva in tutti i colori possibili
e immaginabili. Quando Alina vide Vanessa all’aeroporto, ostentava un castano mogano. Alina pensò:-
Almeno lei può sperimentare!Il biondo e il rosso farebbero a pugni col mio colorito olivastro!-
Vanessa chiacchierò con dona Alba di tutto un po’: aveva cambiato lavoro e ragazzo, abitava appena fuori
Granada con altre tre amiche. Portò a dona Alba i saluti dei suoi genitori.
Appena fu sola con Alina le chiese come fosse andata a Roma; sapeva bene che sua cugina aveva il suo
bel daffare con Pavel.
Alina cominciò a raccontarle del lavoro, della sua boss, di Marta, Simone, Gianmarco…ma poco a poco,
Dima monopolizzò la conversazione. Vanessa, che non studiava psicologia, capì al volo che tra Dima e
Alina c’era molto di più di quanto quest’ultima raccontasse.
Pensava:-Alina fa benissimo a tenere Pavel sulla corda. Se il mio uomo mi avesse detto le stesse cose che
Pavel disse ad Alina, io l’avrei piantato seduta stante!Lo stesso se mi avesse rintronato continuamente le
orecchie con la sue ex!Alina gliela sta facendo pagare con Dima. Ben gli sta, a Pavel!-
Per dieci giorni le cugine si divertirono come pazze. Si alzavano a mezzogiorno, pranzavano, uscivano a
far spese, alle 8 di sera rientravano, si preparavano per la serata, cenavano, uscivano per l’apertivo…e
all’una erano in discoteca, da cui tornavano alle sette.
Alina recuperò quello smalto che l’aveva sempre contraddistinta, rideva di più, non si disperava dietro a
Pavel più di tanto. Intanto continuavano a sentirsi. Le annunciò che se voleva, si sarebbero incontrati
l’ultimo week end di novembre a Roma per due giorni, poi lui sarebbe proseguito per Brindisi e lei
sarebbe rientrata a Milano. Alina disse di sì.
Il giorno dopo la partenza di Vanessa, il 15 novembre, Alina si mise al pc e scrisse una lettera a Dima,
dopo un lungo tira e molla con sè stessa.
Evitò ogni sdolcinatura, accennando solo qua e là con frasi spiritose a quello che ormai c’era tra loro. Gli
scrisse che se avesse fatto posto a lei e Pavel per l’ultimo week end di novembre sarebbe stata contenta.
Lui stesso non le aveva detto di accodarsi a Pavel, se quest’ultimo fosse capitato a Roma?
Beh, se diceva sul serio, eccolo accontentato!
Alina chiuse la lettera con un malizioso:”I dettagli strategici mi verranno in mente in questi giorni. Nel
frattempo mi farai pure tu il piacere di lambiccarti il cervello in proposito”.
Così trascorsero i giorni. Pavel era già a Roma quella mattina. Alina arrivò alle due del pomeriggio circa.
Con Dima si erano messi d’accordo di andare tutti e quattro al cinema quella sera. Pavel e Alina avrebbero
dormito da Dima, visto che era riuscito a far loro posto.

Tutti e quattro si incontrarono intorno alle nove di sera. La sequenza dei posti al cinema era questa: Pavel-
Alina- Dima- Ramona. Naturalmente nella penombra, Dima aveva una gamba intrecciata a quella di Alina

e Pavel una mano della stessa nella sua. Ora che non aveva visto Alina per tre settimane ne sentiva la
mancanza, eccome!
Dopo il film uscirono a prendersi un drink. Dima aveva sempre gli occhi fissi su Alina e avrebbe dato
qualsiasi cosa per essere Pavel, che la teneva per mano, la abbracciava e baciava in continuazione.
Ramona lodò molto il romanticismo di Pavel. Dima pensò:-Adesso che ha sentito puzza di corna fa lo
sdolcinato! Mi fossi comportato con te come ha fatto con Alina in certe occasioni, mi avresti già piantato
da un pezzo!Alina è a dir poco una santa a sopportarlo!-
La guardò con ancor più tenerezza, avrebbe voluto lanciarlesi addosso. Non potendole comunicare
direttamente i suoi piani per la notte, andò in bagno. Lì mandò ad Alina un sms. Tornò. Poco dopo si alzò

anche Alina per andarsi a prendere un altro drink al bancone. Lesse l’sms:-Alle tre in bagno, dolce!Non
resisto più!-
Alina capì, tornò al tavolo con la bevanda. Poco dopo pagarono e si diressero da Dima; lui e la consorte in
moto, Alina e Pavel in taxi.
Questi ultimi si dovettero arrangiare su un divano stretto e duro, e non solo per dormire!
Le pareti dell’appartamento erano sottilissime e Dima sembrava essere sui carboni ardenti, coricato di
fianco a Ramona.
Dato che non sarebbe comunque riuscito a dormire, Dima decise di fare la stessa cosa dei suoi ospiti, ma
con Ramona (per poco chiamandola Alina). Sfinì Ramona per benino; intanto Pavel si era addormentato e
Alina aguzzava la vista alla luce artificiale che filtrava dalla finestra per consultare l’ora. Anche lei era sui
carboni ardenti!
Finalmente venne l’ora X. Alina sentì un rumore di passi verso il bagno…quando la casa fu di nuovo in
silenzio perfetto, Alina si mosse, a tastoni. Una mano l’afferrò nell’oscurità. La spinse in bagno.- Sshh,
Alina!Sono io, Dima!.- La baciò nell’oscurità, con disperazione, frugandola dappertutto.
Le disse:-Torniamo a letto ora…mi spiace non poterti dare di più!- La strinse un’ultima volta, la lasciò
andare, con la morte nel cuore. Dormire lei accanto a Pavel, e lui con Ramona!
Il giorno dopo Alina e Pavel tolsero il disturbo presto e andarono a far colazione in un bar là vicino.
Pavel affermò:-Stanotte ti sei alzata.-
Alina, di pietra:-Sì, è così.-
Pavel:-Come mai?-
Alina:-Ho bevuto molto prima di andare a letto, ti ricordi? Non preoccuparti, i medici dicono che è
normale alzarsi due o tre volte per andare in bagno nell’arco di una notte!-
Pavel:-Però ne hai fatto di baccano!-
Il cuore di Alina diede un tuffo. Rispose, calmissima:- Era una casa che non conoscevo e andavo a tastoni,
no? Chiunque farebbe baccano!-
Pavel:-Potevi stare più attenta, avrai svegliato tutti, me compreso!-
Alina si sentì mancare. Se Pavel avesse sentito il bacio?No, altrimenti avrebbe parlato col voi…Almeno
lei e Dima erano stati accorti…
Passeggiarono per Roma; Alina prese il treno per Milano e Pavel quello per Brindisi. Si sentirono al
telefono, tutto sembrava a posto.
Ma Alina era inquieta, fin dalla conversazione con Pavel. Meno male che non aveva il suo codice
PIN…altrimenti avrebbe scoperto tutte le chiamate da e per Dima!Meno male che cancellava sempre i
suoi sms e comunicava con lui via e-mail, avendo il buonsenso di distruggere le lettere
compromettenti!Scriveva e telefonava a Dima abbastanza di rado; in una relazione clandestina saper
aspettare era una virtù capitale.
Prima della partenza di Alina per la Russia si rividero a Milano, da dove Pavel sarebbe partito per San
Pietroburgo, dove Alina l’avrebbe raggiunto cinque giorni dopo.
Fu così che Alina lo raggiunse; il giorno prima aveva scritto a Dima.
Alina, tardissimo, arrivò a San Pietroburgo. Pavel andò a prenderla con la sua macchina, una vecchia
Opel Astra blu. I suoi genitori la accolsero benissimo, come al solito; Alina era ormai una figlia per loro.
Si informarono della salute, dei suoi studi, della sua famiglia…
La reputavano una personcina di altissimo talento: bastava vedere con quale facilità aveva imparato il
russo!Come scriveva bene!Pavel aveva tradotto loro qualche suo racconto, ed erano rimasti a bocca
aperta. Bisogna ricordare che Alina aveva vinto un sacco di concorsi letterari in Italia e Spagna; aveva
pure pubblicato un libretto.
La prima sera in Russia trascorse bene, con una cena a base di tè, pane, burro e caviale, vista l’ora tarda.
Già il giorno dopo, a colazione, Pavel presentò ad Alina il programma dei musei consigliatole quell’estate,
con i luoghi già visitati contrassegnati da una linea rossa. Mentre Alina si truccava, Pavel stilò un elenco
di visite: il palazzo Menshekov, Oranienbaum, il palazzo Elagin…più i vari musei. La sera sarebbe stata
un susseguirsi di concerti e teatri. Insomma, una scorpacciata di cultura.
Alina a dire il vero avrebbe gradito anche un po’ di shopping, una sera in un pub o in discoteca…Ogni
volta che uscivano di casa, Pavel le spiegava per filo e per segno la storia dei vari palazzi, chiese, etc.
Alina faceva finta di ascoltare attentamente, mentre la sua mente andava a Dima, le loro scorrerie a Via
Veneto, le loro notti, la movida spagnola…Ma guai a dire queste cose ai genitori di Pavel! Ne sarebbe
seguito un calo notevole per la sua immagine di genio!

Per fortuna che Alina aveva un’ottima memoria e avrebbe saputo ripetere le spiegazioni di Pavel; anche
perchè quando loro due ripassavano davanti allo stesso monumento, Pavel ripartiva con le sue chiacchiere
da guida turistica.
Qualche volta capitava che Pavel dovesse recarsi alla sua università per controllare la posta elettronica.
Alina faceva lo stesso, solo che scriveva prima a Dima, dopo ai genitori. Gli raccontava della sua vita a
San Pietroburgo, delle fisime da cicerone di Pavel, della “fauna” molto interessante della città,
specialmente i cadetti delle varie accademie militari, con le loro uniformi…Dima le rispondeva con lettere
piene di brio, parlandole della città notturna, che Alina avrebbe voluto tanto visitare: avesse potuto
invitarcela! Peccato che lui avrebbe raggiunto la Russia in aprile, mentre lei era in Francia! La faceva
ridere, raccomandandole di non addormentarsi di fianco a Pavel. Una dormita fuori luogo avrebbe
nuociuto alla sua immagine di cervellona molto di più che una nottata al Candyman!
Naturalmente Alina aveva l’accortezza di scrivere a Dima appena Pavel spariva dietro al suo computer.
Così, quando andava a prenderla e si sedeva vicino a lei, trovava sullo schermo una normale lettera ai suoi
genitori, per giunta in spagnolo.
Le vacanze in Russia passarono. Alina vide Pavel un’ultima volta a gennaio per salutarlo. Lei poi partì per
Lilla.
Arrivata là, la prima cosa che fece fu di attaccare il suo portatile a Internet. Da lì scrisse a Dima del
viaggio, di com’era Lilla etc. Poi scrisse a Pavel, ovviamente cambiando alcune cose. Cominciò la solita
vita da studentessa: lezioni, esami, discoteche, pub…
C’era nel suo corso un altro studente italiano, Massimo. Indovinate da dove veniva? Ma da Brindisi!
Quando Alina lo seppe, non sapeva se ridere o piangere. Ma divennero ottimi amici. Massimo era carino
pure lui, bruno con gli occhi verdi; Alina pensò molte volte di vendicarsi su Pavel con Massimo; ma per
lui Alina era solo un’amica, simpatica finchè vuoi, ma pur sempre un’amica! Alina usciva con lui insieme
agli altri ragazzi, divertendosi molto.
Pavel, dal canto suo, mantenne la promessa, la venne a trovare qualche volta.
Anche Dima venne, ma solo una volta, con la scusa di un viaggio di lavoro a Parigi. All’aeroporto già
capirono che le lettere potevano fare ben poco per lenire la nostalgia. Si amarono per tre giorni
disperatamente, sapendo che non sarebbe bastata la vita per smaltire tutta la passione. Naturalmente Dima
portò con sè un bel po’ di contante per non insospettire sua moglie: ristoranti e regali sarebbero stati
registrati sull’estratto conto!
Intanto che Dima e Alina si sfinivano tra le lenzuola e si scambiavano lettere d’amore da far arrossire
anche le prostitute, Pavel stava ottenendo il suo divorzio con un trionfo: Daniele sarebbe stato affidato a
lui, in quanto Immacolata non voleva più sentirsi legata a lui in nessun modo, nemmeno attraverso il
figlio.
Pavel era entusiasta. Mise solo questa condizione: che suo figlio finisse l’asilo a Brindisi; poi l’avrebbe
raggiunto a Roma. Pavel aveva trovato lì un posto di professore associato. Si stava già interessando per
cercare casa a Roma. Avrebbe cominciato a insegnare lì a partire da settembre 2004, giusto in tempo per
iscrivere suo figlio a scuola. Ovviamente Pavel tacque ad Alina di Daniele.
Alina finì il suo stage in Svizzera. A novembre iniziò il suo quarto anno vicino a Pisa. Si laureò.
Quell’anno ebbe occasione di vedere Dima, ma dovette comportarsi con la massima circospezione. La
lontananza non spegneva la passione; attraverso Dima, Alina sapeva delle vere intenzioni di Pavel. Verso
l’estate la situazione migliorò, in quanto era spesso a Roma con Pavel per cercare casa. Dima, pur di starle
vicino, si era rassegnato al compito di guida turistica per le agenzie immobiliari. Alla fine trovarono in
Via Regina Margherita. Alina ebbe i primi sospetti quando vide che Pavel aveva scelto proprio quella casa
perchè la seconda stanza da letto sarebbe stata grande e luminosa.
Alina andò come al solito in vacanza in Russia, sperando che qualcosa all’ ultimo momento facesse saltare
quel progetto secondo lei folle. Daniele era viziato, insopportabile, capriccioso…dover studiare e fargli da
madre contemporaneamente!Atroce! Ma ormai c’era troppo dentro…
Pavel raccontò dei suoi piani ai suoi genitori, che benedirono il cielo per avergli fatto incontrare Alina,
così paziente e comprensiva…brindarono alla loro felicità. La reazione di dona Alba non fu però la stessa.
Disse a sua figlia che stava facendo una follia: che fuggisse in Spagna, in Sudamerica, dove voleva, le
avrebbe dato lei i soldi!-Alina, pensaci! Hai tutta la vita davanti!Ti stai rovinando!-
Alina rispose:-Lo so, ma ci sono troppo dentro!Se devo bere il calice amaro, lo farò fino in fondo!Tanto
non sono ancora sposata!-

Quella sera dona Alba pianse lacrime amare:- Locura de amor! Alina salvati!Non ce la farai, impazzirai o
morirai!-
Che ci poteva fare, per quanto le volesse bene?L’ostinazione amorosa era sempre stato un male incurabile!
Dona Alba aiutò Alina a traslocare a Roma, all’inizio di settembre; Pavel le aiutò. Dona Alba faticò molto
a nascondergli il suo disappunto. Ma anche lei sapeva che parlare con Pavel era come parlare al muro…
Pavel sarebbe andato a prendere il bambino una settimana dopo, per fargli iniziare la scuola. Così partì
per Brindisi, come al solito. Alina, appena rimase sola, entrò nella camera del bambino, arredata di tutto
punto; scoppiò in un pianto dirotto. Chiamò Dima, disperata. Tra i singhiozzi le disse che sarebbe arrivato
da lei il giorno dopo. Così fece. Alina si sfogò con lui: era troppo, un figlio non suo! Avere a che fare con
Daniele significava tirarsi in casa anche quella famiglia di pazzi dei suoi ex suoceri! Pavel aveva passato
la misura! Imporle così suo figlio…
Dima la accarezzò, la lasciò piangere. Stettero così un’ora buona.
Alla fine Dima le prese il viso nelle sue mani, la baciò a lungo. -Calmati, tesoro mio! Non fare così, non
ho figli, io…ma me ne piacerebbe tanto uno, da te! Rendiamo a Pavel pan per focaccia, imponigli tu un
figlio non suo!-
Ad Alina sembrò un ottimo modo di vendicarsi. Tornò lucida. Voleva partorire dopo luglio, quando
avrebbe ormai finito gli studi; di conseguenza sarebbe dovuta rimanere incinta tra ottobre e novembre.
Dima continuò a baciarla, dicendole che ormai non poteva più fare a meno di lei; gli avrebbe dato un
figlio! La fece sdraiare, inaugurando così il letto di quell’ appartamento. Dima rimase da lei più a lungo,
cenando con lei. Maledisse il destino, che li aveva fatti incontrare troppo tardi.
Dima tornò da lei; Pavel sarebbe rientrato il giorno dopo. Alina ebbe il suo ultimo giorno di pace. Daniele
si rivelò proprio come descritto dal padre: pestifero e insopportabilmente viziato.
Pavel lo difendeva sempre, accusando Alina di essere troppo severa. Ogni giorno Daniele doveva
comprarsi qualcosa e Pavel lo accontentava. Fu così che Alina dovette dare lezioni private di spagnolo per
sbarcare il lunario. Pavel non le permise nemmeno una baby sitter, in quanto doveva imparare ad avere a
che fare coi bambini.
Alina trascorse in questo modo due mesi d’inferno. Si svegliava alle sei e andava a letto a mezzanotte; era
sempre più sciupata. Anche Dima lo vedeva: i suoi occhi scuri non avevano più quella luce tanto
interessante! Quando lei era a Roma, due anni prima, brillavano come due stelle…Era già magra, ma se
avesse perso ancora peso…Per forza, a correre qua e là da mane a sera, tornare a casa ad accudire un
marmocchio viziato, un convivente alquanto egoista, una casa, chi non ne avrebbe risentito?
Ciononostante Alina e Dima si incontravano abbastanza spesso. Con la scusa delle lezioni di spagnolo,
Alina godeva di abbastanza libertà di movimento. Dima si organizzò, prendendo in affitto un monolocale
nel centro di Roma, che anticamente si sarebbe chiamato “garçonnière”.
Tra un fornitore e l’altro lui, tra una lezione e l’altra lei, si incontravano lì. Dima capiva che Alina non ne
poteva veramente più, nè lui di vivere con Ramona. Alina gli era entrata ormai nel sangue e doveva
vederla tutti i giorni. Alina tra uno stress e l’altro iniziò il suo master. Per studiare in pace andava in
biblioteca. Dopo lo studio, da Dima. L’idea di imporre a Pavel un figlio non suo le piaceva da matti!
Alina rimase incinta; ovviamente Pavel pensò che il piccolo fosse suo. Tutti e due cominciarono a
preparare la sua cameretta, ma Alina avrebbe voluto che ci fosse Dima.
Pavel però non era tanto cieco: aveva in qualche modo sentore che Alina e Dima avessero troppa
confidenza tra loro; quindi, lo invitava il meno possibile. Però il pallino di fare affari con lui non gli era
passato. Una volta Pavel gli telefonò per proporgliene uno; Dima si “autoinvitò”a casa sua, col pretesto di
dare un’occhiata a casa sua, che non aveva mai visto (che bugia!). Pavel, visto che era per affari, accettò a
malincuore.
Dima si presentò da lui con una bottiglia di vino e fiori per la padrona di casa. Vide subito in che
condizioni viveva Alina: un bambino viziatissimo (per giunta non suo), gli studi che la assorbivano
moltissimo, una casa da pulire…e nemmeno un po’ di tempo per sè stessa. Già la pancia e il seno le si
erano ingrossati. Almeno non era più così magra…
Ovviamente Pavel e Dima a tavola parlarono dei loro affari; ma Dima potè rivolgere ad Alina poche
parole di circostanza, a causa del moccioso. Se Dima fosse uscito dai ranghi, avrebbe raccontato tutto a
suo padre. Dima si limitò soltanto a cercare le gambe di Alina sotto il tavolo, a visitare la camera di suo
figlio con lei, a guardarle teneramente la pancia, a farle i complimenti per il suo risotto al Barolo. Potè
guardarla, ma non toccarla, se non per pochi secondi, porgendole il mazzo di fiori. Avrebbe tanto voluto

abbracciarla e comprare lui il necessario per la cameretta…Finì la serata, baciò Alina tre volte sulle
guance (di più non poteva fare) e andò a casa. Pensava al suo bambino e ad Alina, intrappolata in una
situazione così incresciosa. Sospirò per lei, salendo sulla moto. Guardò in alto, verso il suo appartamento.
La pancia di Alina cresceva, con essa l’emozione di Dima. Insieme se la ridevano di Pavel. Ma Alina
continuava la sua solita vita: studio, cura della casa, sopportazione di Daniele. Per fortuna che anche
Pavel aveva capito che se Alina avesse continuato a sfiatarsi così avrebbe avuto seri problemi. Accettò di
aiutarla in casa e con Daniele. I dottori le avevano prescritto molto riposo, avendo notato di come la
prostravano le nausee. A parte questo, Alina sopportava il suo stato abbastanza bene. Ramona non dava
figli a Dima…ci pensava Alina, felicissima di vendicarsi su Pavel.
Chissà a chi avrebbe assomigliato suo figlio…Sia Dima che Pavel erano biondi con gli occhi azzurri, solo
che Dima era più chiaro di Pavel; Alina era molto scura. Se il bambino avesse preso da lei, ci sarebbero
stati meno problemi.
Frattanto Dima le mandava qualche regalino per il bambino attraverso Pavel, giustificandosi con lui che
Alina era per lui quasi una persona di famiglia, visto che viveva con lui, il suo caro amico d’infanzia.
Intanto le visite di Pavel a Brindisi cominciarono a far piacere ad Alina, così poteva stare più tranquilla,
sia per studiare sia per incontrare Dima. Non era più così arrabbiata quando Pavel preparava il suo
bagaglio. Anche lui se n’era accorto, ma lo imputò alla gravidanza. Gli faceva piacere che Alina avesse
smesso di vedere “quello che non c’era”!
Alina era inoltre preoccupata per la sua linea, sopratutto per le smagliature. Già aveva una rigaccia rossa
sulla pancia (la sua cicatrice) non ne voleva di bianche! Si ungeva il corpo con tutti gli oli e creme
possibili ed immaginabili. Inoltre non voleva che la sua vita si allargasse troppo. Il medico in proposito le
raccomandò di fare moto durante e dopo; la dieta spagnola andava benissimo, purchè non esagerasse col
peperoncino.
Quando Dima andava a trovarla, scoprì un nuovo divertimento: aspettarla dopo la doccia. Dopodichè la
ungeva con i suoi prodotti di bellezza. Ridevano a crepapelle l’uno con l’altro delle mani impiastricciate di
crema rassodante e olio di germe di grano. Poi Dima se la prendeva tra le braccia e la portava in camera.
Lì verificava che tutti gli accorgimenti di Alina per la bellezza servivano a qualcosa: la sua pelle era
ancora più morbida e delicata. Ingrassata stava ancora meglio: non le si vedevano più le costole, nè le
ossa iliache erano più così sporgenti.
Anche Dima, dopo essere stato da Alina si sentiva in pace con sè stesso e col mondo. La sua bella Alina
gli stava per dare un figlio!
Grazie a lei aveva pure imparato un po’ di spagnolo; ogni volta provava a comunicare con lei in questa
lingua; ovviamente se Dima avesse contattato un vero insegnante quest’ultimo avrebbe avuto un gran
daffare a correggergli la “s” tipicamente andalusa!Con Alina rideva parecchio, quando inciampava nelle
forme dei verbi irregolari! Alina grazie a lui migliorava il russo; di questo si erano accorti sia Pavel che il
suo professore alla SIOI. Solo che Pavel imputava questo fenomeno alla scuola e quest’ultima a Pavel.
Anche Alina faceva i suoi bei strafalcioni coi verbi di movimento e prefissi e suffissi vari.
Quando potevano, cioè quando Ramona era a Nepi o con le sue amiche, Dima e Alina noleggiavano le
videocassette da Blockbuster e mangiavano assieme. Dima aveva imparato ad amare la cucina spagnola:
oltre alla classica paella, gli piacevano le uova alla flamenca e la zarzuela de mariscos.
I dolci, poi!Quanti ne voleva!Torrejas di panna, mel i matò, ensaimada, cioccolata alla spagnola.
Dima aveva pure imparato a cucinare la frittata con le patate, in caso loro due fossero troppo esausti per
mettersi ai fornelli.
Dima si sentiva sempre peggio a tornare da Ramona. Non ne poteva davvero più. Come non ne poteva più
di vedere Alina soffrire a causa di Daniele e suo padre. Era una situazione davvero complicata. Sì, era
colpa loro, ma l’avevano voluto così tanto…erano stati annebbiati dalla passione. Dima si era scoperto
geloso di Pavel; non sopportava più il fatto che Alina dividesse il letto con lui; tutte le notti doveva
costringersi a non pensare. Tutte queste preoccupazioni stavano incidendo pesantemente sul suo fisico:
dimagriva a vista d’occhio e passava delle grand’ore in palestra, per sfogarsi. Immaginava che il punching
ball fossero Pavel e Daniele, che stavano facendo uscire Alina di senno.
Per sentirsi ancora più vicino a lei, aveva scaricato da Internet la canzone “Ya soshla s uma” come
suoneria per il cellulare. Com’era felice quando le aveva regalato quel CD, due anni e mezzo prima! Il
bigliettino, come se lo ricordava!Se chiudeva gli occhi, poteva ancora sentire la texture della carta. Le
parole di “Ya soshla s uma” gli erano molto congeniali: “All the things she said, run into my head…”, “It is
my fault, but I want it so much…”, “I’m feeling for her what she’s feeling for me…”

Ma una volta per caso ne sentì un’altra, che esprimeva anch’essa il suo stato d’animo. Non si curò mai di
sapere chi fosse questo cantante; semplicemente un giorno era in ufficio a fare nulla e aveva acceso la
radio. Si era imbattuto in questo ritornello: “E’ vero, prima diciamo “giochiamo”, poi ci innamoriamo, è
vero, i nostri tradimenti prima o poi li paghiamo….- Alla strofa:-Ti amo, la amo, ti amo, la amo…- si sentì
il cuore scoppiare.
Alina ti amo, Alina la amo, Alina, Alina, Alina…e intanto l’oggetto del suo amore vegetava accanto a
qualcuno che lui ora cordialmente detestava.
Si avvicinava l’estate, e con essa la fine della gravidanza di Alina, che aveva acquisito una placidità
moresca.
Il bambino prometteva di essere grosso e i seni le facevano male, tanto erano pieni.
Alina e Dima continuavano ad incontrarsi. Per lei, Dima acquisì più dimestichezza con l’auto, veicolo che
detestava, affinchè Alina potesse almeno riposare, quando la riaccompagnava a due tre isolati da casa sua,
carica di libri.
Anche Pavel e Dima si incontravano sporadicamente; durante le telefonate Dima mostrava un interesse di
circostanza per la gravidanza di Alina. Una volta che aveva provato ad addentrarsi un po’ di più nei
particolari, Pavel l’aveva fulminato con lo sguardo. Dima, calmissimo, rispose che aveva sentito che Alina
rischiava grosso se si affaticava troppo, e l’aveva vista un po’ sciupata.
Pavel lo raggelò ulteriormente, intimandogli di farsi gli affari suoi. Dima si contenne più che poté;
dopodichè non ce la fece più e andò in bagno. Rise come un matto, perchè Pavel credeva davvero che il
bambino fosse suo. Tuffò la faccia nell’acqua fredda e si ricompose. Comunque anche Pavel continuava a
fiutare puzza di bruciato. Ma non aveva prove per “inchiodarli”.
Intanto la mente di Dima ordiva un piano, secondo lui stesso folle: perchè non fuggire in Spagna con
Alina?
Pavel cercava di aiutare Alina più che poteva , vedendola sfiancarsi. Non poteva più pretendere così tanto
da lei…Alina sospese le lezioni di spagnolo e si dedicò alla sua tesi, che avrebbe discusso all’ottavo mese
di gravidanza.
Intanto che Alina studiava, Pavel e Daniele andavano a Brindisi una volta al mese, come al solito.
Quel week end che ebbero casa libera, Dima divorò i manuali di puericultura e continuava a chiedere ad
Alina quando sarebbe nato il bambino. Alina gli rispondeva:-Inizio di agosto.-
Inutile dire che Pavel considerava “sbagliata” quella data. Lui in quel periodo era già in Russia e Alina,
impedita dalla gravidanza, non avrebbe potuto raggiungerlo. Nel suo stato sarebbe stato pericolosissimo.
Di certo lui non sarebbe rientrato in Italia all’inizio di agosto, nè avrebbe ritardato la sua partenza per la
Russia. Il tempo era denaro, che diamine!
Alina ne era parecchio irritata; raccontò tutto a Dima, che pensò: -Beh, se lui vuole così tanto lasciare qua
Alina, mi farò avanti io col mio piano!-
Alina discusse la sua tesi di master. Tenne duro tutto il giorno. Come al solito i tempi slittavano, aveva
caldo, dovette stare molte ore in piedi con sottobraccio una cartella pesante da morire… le si erano
gonfiate le gambe e sudava come una fontanella.
Quando venne il suo turno entrò in aula, sudata e pesante, a disagio nel suo vestito classico; nelle sue
condizioni era davvero scomodo.
Finì di discutere la sua tesi sulla Spagna franchista e si tolse un peso di dosso.
Arrivata a casa, appena poté mise i piedi in alto. Era in quella posizione quando qualcuno suonò. Era
Dima, con un enorme mazzo di fiori. Glielo consegnò, si congratulò con lei. Poi, si sa. Pavel non sarebbe
ritornato fino a sera, Daniele era in vacanza a Brindisi.
Dima non sopportava più vivere lontano da Alina, glielo si leggeva in faccia. Anche Ramona aveva capito
che da quando Pavel si era trasferito a Roma, qualcosa nel marito non andava: era uscito di senno! Gli
aveva controllato il telefonino e la sua casella e-mail: niente! Alina e Dima sapevano bene come
cautelarsi; Dima non parlava di Alina con nessuno, nonostante gli costasse molta fatica. Stessa cosa per i
regali: Alina aveva imparato a regalargli roba da mangiare, che spariva in pochi secondi. Nemmeno Pavel
aveva trovato prove.
Alina era poi molto riservata coi suoi vicini, così nessuno si era accorto di Dima. Avevano avuto
un’ottima idea ad affittare quell’altro appartamento, a farsi vedere in giro assieme il meno possibile. Dima
faceva visita ad Alina quando i vicini erano al lavoro, o a casa a mangiare, o impegnati nella passeggiata
domenicale.

Così loro due erano riusciti a beffare il mondo intero e non era poco. In questi casi, “Radio Bemba” era
particolarmente efficace, con tutte le sue conseguenze.
Alina “rubava” poco a poco dal bilancio comune per pagare la sua parte di affitto della garçonnière. Pavel
non se ne accorgeva, in quanto occupatissimo a far quadrare i “suoi” conti: per il resto, che ci pensasse
Alina!
Alina e Dima dopo l’amore rifecero il letto, per cancellare le loro tracce e arieggiarono la stanza.
Dopo un’ora dalla partenza di Dima, arrivò Pavel. Le disse qualche parola di circostanza per la
discussione della tesi e si mise a telefonare a Daniele. Il dolore cominciò a montarle nel petto. Continuò a
cucinare come se nulla fosse. Pensò a Dima, a quel pomeriggio appena trascorso, a come l’aveva fatta
sentire.
Pavel era talmente assorto nelle sue beghe familiari, che non notò il mazzo di orchidee. A tavola fu ancora
peggio. Continuava a chiacchierare sul fatto che si sarebbe dovuto trattenere a Brindisi una settimana
circa, per salutare Daniele; poi avrebbe fatto una scappata a Roma per prendere l’aereo per la Russia.
Era l’inizio di luglio, Pavel sarebbe andato a Brindisi il 12, partito per la Russia il 20…avrebbe trascorso
tutta quella settimana a visitare tutti i negozi di giocattoli di Roma, spendendo una fortuna, lui che era
sempre così tirato coi soldi!
Ovviamente nessuna parola per Alina, il cui parto si avvicinava. Passò sotto silenzio la questione delle
vacanze: che problema c’era, lui sarebbe tornato in Italia a fine settembre, no? Che noia interrompere il
suo lavoro in Russia per venire a riconoscere suo figlio, avrebbe dovuto spendere un sacco di soldi per il
biglietto!
Alina sfogò la sua rabbia pulendo la cucina e stirando. Il giorno dopo chiamò Dima, chiedendogli un
appuntamento alla solita garçonnière.
Si incontrarono lì e gli raccontò della sera prima e di come facesse piacere a Pavel partire per Brindisi.
Dima capì che non c’era più tempo da perdere. Quel segreto che lo tormentava esplose:- Fuggiamo in
Spagna!-
Alina disse di sì. Volare nel suo stato sarebbe stato pericoloso, ma la Russia distava tre ore e mezzo di
aereo, mentre la Spagna due scarse. Non gliene importava più nulla: se Pavel partiva così a cuor leggero,
lei sarebbe fuggita nella sua terra con Dima, e per sempre!
Pavel partì per Brindisi il 12; mentre era via Alina e Dima prepararono i loro bagagli e la fuga. Sarebbero
partiti dopo Pavel. Decidendo di uscire allo scoperto, la questione del cognome del bambino si era risolta;
sarebbe stato figlio loro a tutti gli effetti.
Pavel partì tranquillo per la Russia. Alina e Dima avevano i biglietti per il 24.
Pavel telefonò ad Alina i primi quattro giorni; tutto bene. Dal 24 in poi, più nulla. Chiamò anche dona
Alba, che non sapeva dove fosse sua figlia. Pavel non aveva il numero di Vanessa, l’unica persona che
avrebbe potuto ( se avesse voluto) aiutarlo.
La cugina di Alina era l’unica persona a conoscere i suoi piani. Visto che era in vacanza a Torremolinos,
poco lontano da Malaga, Alina l’aveva informata per filo e per segno, e l’aveva incaricata di cercare loro
una sistemazione.
Dima e Alina arrivarono a Malaga all’ora della siesta: la città era un deserto. Vanessa era lì; l’aspetto della
cugina la preoccupò: Alina era sfinita per il caldo. Fecero appena in tempo a caricare le valigie sulla sua
SEAT che Alina cominciò a perdere le acque e a strillare come un’ossessa.
Vanessa, in preda al panico, chiese aiuto ad una farmacia, circa la clinica od ospedale più vicino, e via a
rotta di collo!Dima cercava di calmare Alina, invocando Dio e tutti i santi, lui che era ateo!Per fortuna che
le strade erano libere, non essendoci in giro nessuno! Il caldo aumentava la puzza di liquido amniotico,
già di per sè pestilenziale.
Poco dopo le fatidiche cinco de la tarde, Ivan Miguel Dmitrievic Dorotkin Redaelli venne alla luce. Il
nome era stato scelto in comune accordo tra i due, essendo diffusissimo sia in Russia che in Spagna.
Pochi giorni dopo la nascita di Ivan, Alina e Dima raggiunsero Granada. Appena Alina poté alzarsi, si
recò all’Internet Cafè più vicino a casa sua, quello di Camino de Ronda. Scrisse a Pavel: “Per me sei solo
un’altra cosa che ho perso”.

Skip to content